Cesare complice di Catilina? La prudenza del console Cicerone

Riguardo alla congiura di Catilina,  Luciano Canfora scrive che essa “fu solo un tassello della lotta fra figure più pesanti per la conquista di un ruolo preminente nello Stato”, i cui protagonisti erano personalità di rilievo quali il potente Crasso, l’emergente Cesare e lo stesso  Cicerone.

In relazione allo specifico sospetto della complicità di Giulio Cesare nella congiura di Catilina, “Sallustio riferisce un episodio a dir poco sconcertante, che ben s’inquadra comunque nell’andirivieni di personaggi maggiori, minori e minimi, come anche spie, informatori, profittatori che popolano la dimora di Cicerone nei mesi finali del suo consolato.”

Il primo dicembre del 63 a.C., su iniziativa di Quinto Lutazio Catulo, già console nel 78 a.C. e rivale di Giulio Cesare nella lotta elettorale per l’elezione a “Pontifex Maximus”, lo stesso Quinto Lutazio Catulo e Gaio Calpurnio Pisone, console dell’anno 67 a.C.,  si recavano insieme da Cicerone, formulando la proposta di “inserire il nome di Giulio Cesare  nella deposizione appena resa dagli ambasciatori degli Allobrigi oppure nella dichiarazione di  qualche delatore”. In tal modo Cesare sarebbe stato direttamente coinvolto nella congiura di Catilina di quel 63 a.C.

Secondo Sallustio, la compromissione  di Cesare  nella congiura di Catilina poteva sembrare plausibile perché “ Cesare era grandemente indebitato per aver elargito grandi somme privatamente a causa della sua egregia liberalitas, e pubblicamente per spettacoli e banchetti”.

Era pur vero che Cesare fosse fortemente indebitato per la sua liberalità di dispensazione di ingenti somme, e a tal riguardo anche  Svetonio scrive che, dopo aver deposto la speranza di governare una provincia, il giovane Cesare  aspirava alla carica di “Pontefice Massimo”, che ottenne,  ma non senza aver elargito  un’ eccessiva generosità di denaro.   

Cicerone non accettò tale manovra di compromettere Cesare  nella congiura di Catilina, nonostante i due ex consoli Quinto Lutazio Catulo e Gaio Calpurnio Pisone “imploravano, ricattavano ed erano pronti a corrompere”. Eppure- evidenzia Canfora- Cesare aveva dato al console Cicerone “ filo da torcere sin dall’inizio dell’anno con una serie di iniziative legislative e giudiziarie di schietta matrice “popularis” volte a smascherare il voltagabbana “homo novus” assurto al consolato grazie alla coalizione conservatrice nell’elezione dell’anno 64”. Liquidare Cesare non era facile, dato il seguito popolare su cui poteva contare ma anche per il suo ruolo di “ Pontefice Massimo”, oltre all’imminente entrata in carica come pretore.

Luciano Canfora considera, pertanto,  la scena descritta  da Sallustio “ alquanto problematica” e  si chiede quale ne sia la fonte e come lo storico romano l’abbia rielaborata. Quando Gaio  Sallustio Crispo scrive poco dopo le Idi di Marzo del 44 a.C., Lucrezio Catulo è morto da un pezzo e Gaio Calpurnio Pisone è deceduto dopo il primo  consolato di Cesare nel 59 a.C. Dunque nessuno dei due può essere stato fonte di Sallustio, ma lo storico ha interpretato il passo compiuto dai due presso Cicerone come vendetta personale, in quanto  entrambi avevano motivi di risentimento personale contro Cesare. Infatti, Lutezio Catulo era stato  sconfitto nel 63 a.C. nell’elezione di “Pontefice Massimo” da Cesare e Gaio Calpurnio Pisone, ex governatore della Gallia Cisalpina, era stato portato in giudizio dallo stesso Cesare proprio nel 63 a.C. per concussione ( De repetundis).

In particolare il cinquantasettenne Lutezio Catulo  viene presentato da Sallustio quale uomo molto vecchio ( extrema etate) in quel 63 a.C. , sconfitto dall’allora trentasettenne Giulio Cesare, descritto quale “ adulescentus”. Conseguentemente, secondo il rendiconto di  Sallustio, Lutezio Catulo si mostrava quale persona “infiammata d’odio” (odio incensus) fino al punto di offrire denaro a Cicerone per incastrare Cesare, affinché “ truccasse” i documenti.

Luciano Canfora ipotizza che “ si può pensare che Sallustio abbia sovrapposto una sua faziosa spiegazione ad una notizia ciceroniana nel “De consiliis suis “, che forse si presentava in altro modo: sono venuti da me due consolari autorevoli e mi hanno prospettato la possibilità di far emergere la corresponsabilità di Cesare, ma io allora preferii non dar seguito all’operazione”. Anche Plutarco nella “ Vita di Cesare” allude alla visita dei due ex consoli a Cicerone nel tentativo di  coinvolgere Cesare nella congiura di Catilina, facendo riferimento sia al “Commentarius” ciceroniano che al “De consiliis suis”.

Sallustio riferisce anche che, delusi  dal rifiuto di Cicerone, Lutazio Catulo e Gaio Calpurnio Pisone sarebbero andati in giro, diffondendo menzogne a carico di Cesare, “pretendendo di aver avuto informazioni da Tito Volturcio e dagli Allobrogi”, congiurati  a sostegno di Catilina e presenti a Roma in quel  63 a.C. In seguito a tali accuse avrebbero avuto luogo forti atteggiamenti ostili a Cesare a tal punto che alcuni cavalieri ( equites romani), posti a guardia in armi del tempio della Concordia, sguainarono minacciosamente le spade contro Cesare mentre usciva dalla seduta senatoria.

Tale adunanza  del 5 dicembre 63 a.C. si teneva, dato lo stato di assedio, nel tempio della Concordia. La stessa scena è fornita anche da Svetonio, il quale scrive che “ un manipolo di cavalieri romani, che stavano a guardia del tempio della Concordia, durante la drammatica seduta del 5 dicembre,  hanno sguainato le spade e minacciato direttamente  Cesare, che continuava a difendere la sua posizione contraria alla condanna a morte dei capi catilinari”.

Se nella seduta del 5 dicembre  Cesare si mostrò contrario  alla condanna a morte dei detenuti catilinari, orientando  i senatori sulla sua posizione, prima del successivo e determinante  intervento di Marco Porcio Catone Uticense a favore della pena capitale,  il progetto di un   coinvolgimento dello stesso Cesare in maniera diretta nella congiura di Catilina si rivelò in quel frangente storico alquanto velleitario.

Bibliografia:

Luciano Canfora- Catilina. Una rivoluzione mancata- Laterza, 2023. Parte II, capitolo 11 “Liquidare Crasso, compromettere Cesare” e capitolo 12 “ Il 5 dicembre”.