
La scelta di porre Catone Uticense a guardia del Purgatorio è una delle questioni più discusse dagli studiosi di Dante e della Divina Commedia. Come evidenzia Luciano Canfora, “ Dante affronta la polarità tra Cesare, che non ha bisogno di presentazione, e il Catone che si toglie la vita a Utica in atto di estrema protesta contro la vittoria di Cesare, e quindi contro l’affermazione del potere personale che abbatte o offusca la libera Repubblica romana”.
Quindi si tratta di due figure agli antipodi, ma che Dante affronta entrambi, consapevole che dopo il suicidio di Catone “si era sprigionata una pubblicistica pro e contro di lui, in cui anche Cesare era intervenuto”. Ad iniziare le “ laudationes” del martire repubblicano, dello stoico esemplare era stato Cicerone con conseguenti pubblicazioni e discussioni a favore e contro l’Uticense, che si protrassero per mesi, come riporta lo stesso Luciano Canfora nella sua biografia di Cesare, specificamente nel capitolo XXVIII che reca il titolo “ Anticato”.
Dante Alighieri, nel sesto canto del Paradiso, lascia intravedere che non è Catone l’antagonista di Cesare, ma il re di Numidia Giuba, personaggio minore della guerra civile tra Cesare e Pompeo, il cui esito pose in atto quella pacificazione di “tutto lo mundo” che solo l’Impero di Cesare poteva assicurare.
Tuttavia, “come si spiega la presentazione del nemico di Cesare, Catone, come campione della libertà nel primo Canto del Purgatorio? si chiede Luciano Canfora.
Si potrebbe trattare di una “ forzatura”, se non di una ”antinomia” ma, riguardo alla problematica contenutistica quale emerge dal primo Canto del Purgatorio, l’enfasi è tutta incentrata sulla figura di Catone, a differenza del Canto di Giustiniano, dove il nome di Catone non è nemmeno pronunciato quando si parla della campagna di Tapso del 46 a.C.
Dante si mostra indifferente alla questione, con il deciso intento di esaltare la dirittura morale di Catone, le cui virtù il poeta conosceva soprattutto grazie al suo maestro Brunetto Latini e al poeta latino Marco Anneo Lucano. Dunque, Catone è sovente presente nella mente di Dante, che non esita pertanto a porlo a rigido custode del Purgatorio.
Per convincere l’ austero guardiano a non crucciarsi per il viaggio di Dante, Virgilio rileva che “ libertà va cercando”, aggiungendo che “lui Catone per primo può ben capire un obiettivo così elevato”, avendo per essa rinunciato alla vita.
La nobile persona di Catone, che in Utica lasciò “ la vesta”, ossia il suo corpo, emerge nel Purgatorio con l’appellativo di “ santo petto” ( Purgatorio I, 80). A tal riguardo, Canfora rimarca che, “come i critici spesso dicono, Catone è equiparato ai martiri cristiani. Ha preferito la morte in difesa e per rivendicazione della libertà”. Conseguentemente è “santo”.
Dante celebra la persona di Catone Uticense, non solo nel primo Canto del Purgatorio, ma anche in altre opere.
Vittorio Sermonti ricorda che nel quarto trattato del Convivio Catone figura tra i più meritevoli cittadini romani che non “senza alcuna luce della divina bontà, aggiunta sopra la loro buona natura, furono manifestamente eccellentissimi strumenti della divina Provvidenza”. Sempre nel Convivio Catone è accostato a San Paolo per la sua inesprimibile levatura morale. Inoltre, nel secondo libro dell’opera De Monarchia Dante “assume ad esempio di vera libertà l’inenarrabile sacrificio del vecchio senatore repubblicano”.
E’ ancora di più l’opera “ Pharsalia” del poeta latino Marco Anneo Lucano a porsi quale punto di riferimento rilevante per Dante. In essa Catone Uticense assurge a vero eroe del poema. Vittorio Sermonti rimarca che “ non è il caso di antologizzare le centinaia di versi di Lucano che profilano il grande vecchio come eroe carismatico della funesta epopea”. Tra questi basta riportare quelli che maggiormente caratterizzano, secondo Lucano, la grandezza morale di Catone: la giustizia infusa, l’immunità da qualsiasi odio di parte che l’oppone non solo a Cesare sempre, e inizialmente a Pompeo, ma anche a Giunio Bruto, suo pupillo e nipote, la predilezione per i vinti, l’essere letteralmente improntato alla divinità“, come anche “ la consapevolezza e la forza di testimoniare nell’atto di morire, a compianto del dolore e ad espiazione dei delitti del genere umano, che l’uomo merita qualcosa di più della vita”.
Se è vero che il sacrificio di Catone ha un carattere prettamente politico, a differenza della libertà del martirio cristiano, Sermonti rileva che “ non importa stabilire se Dante, sotto il profilo storiografico e dottrinale abbia ragione o torto”. Importa, invece, constatare che il guardiano del Purgatorio, quel “santo vecchio” è proprio quel Marco Porcio Catone Uticense, quale “affiora” dagli esametri del poema Pharsalia di Lucano.

Bibliografia:
Luciano Canfora- Giulio Cesare. Il dittatore democratico, cap. XXVIII- Laterza, 2006
Luciano Canfora- Dante e la libertà- Editore Solferino, 2023
Vittorio Sermonti- Il Purgatorio di Dante, capitolo 2- Garzanti ( Collana Elefanti bestseller), 2021