Il pittore sessano Luigi Toro dipinse “La Morte di Pilade Bronzetti a Castelmorrone”, un’opera olio su tela di 400 x 610 cm, esposta per la prima volta al pubblico tra il 17 e 18 maggio 1885 nel suo studio romano al n. 33 di Via Margutta, con favorevoli consensi.
Luigi Toro era un pittore famoso, oltre che un patriota, e lo studioso Nicola Borrelli, appassionato anche di pittura, ne diventerà un discepolo accogliendo il suo maestro nella sua casa di Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, negli ultimi anni di vita. Luigi Toro, si spense, dopo una breve malattia, in casa del Borrelli a Pignataro Maggiore nell’attuale via Regina Elena il 5 aprile del 1900.
Quando Pilade Bronzetti trovò la morte a Castel Morrone nella battaglia del Volturno, accanto all’amico e commilitone mantovano Pilade Bronzetti era il pittore – patriota sessano Luigi Toro ( (Lauro di Sessa Aurunca, 3 gennaio 1835 – Pignataro Maggiore, 13 aprile 1900), che fu colpito dall’eroismo del maggiore mantovano e intese celebrare il suo eroico gesto con un’opera da annoverare tra le maggiori del patriota e pittore di Lauro di Sessa.
L’artista utilizzò la vasta superficie della tela per inquadrare il tramonto che scendeva dalle colline dove era avvenuto lo scontro del 1° ottobre 1860 e dove il maggiore lombardo aveva perso la vita. La battaglia è finita e in primo piano, sulla destra, sono ammassati i cadaveri di anonimi soldati e, sul lato opposto, sta isolato e supino il corpo di Pilade Bronzetti additato da una guida del luogo a due ufficiali borbonici in esplorazione.
Il quadro – ci ricorda il prof. Gaetano Mastrostefano che ha curato un volume dedicato all’artista e patriota Luigi Toro, fu recensito da un giovane Gabriele D’Annunzio sul quotidiano “ La Tribuna” allorché si recò in visita allo studio romano dell’artista il 10 luglio 1885. “Entrando – scrive D’Annunzio – come il gran quadro è di fronte, si prova un’impressione singolare: un’illusione di campagna aperta. La scena rappresentata è dopo la battaglia. Il teatro è veramente degno del fatto; ha una grandiosità eroica, una nobiltà severa di linee che si succedono gradanti fino all’orizzonte chiarissimo. Le colline sono immerse in leggeri vapori e lontanano con un effetto di prospettiva veramente bello e giusto. La campagna, il paesaggio, ci sembra la miglior parte del quadro, la parte studiata con più cura ed eseguita con più sincerità e spontaneità”. Guardando, si sente lo spazio, l’aria libera, quasi la fragranza terrestre”.
Quindi – come evidenzia Almerinda De Benedetto, “la tela suscitò un certo entusiasmo nello scrittore, che ne descrisse i contenuti con dovizia di particolari, mostrando di possedere oltretutto un disinvolto e naturale piglio da connoisseur”
Nel prosieguo il giovane D’annunzio rimarcavache “sul davanti il cadavere di Bronzetti, in un’attitudine semplice e composta, supino, con una mano sul petto ferito e con l’altra, stringente la sciabola spezzata, lungo il fianco, giace a piè di un masso. La camicia rossa brilla ed empie del suo vivo brillare il quadro. Quel cadavere alli occhi dei soldati borbonici, doveva sembrare gigantesco, sovrumanamente terribile nella sua tranquillità. La testa è un po’ rovesciata indietro ed ha la fronte forata da una palla: i lineamenti sono regolari, ma pieni di forza, specialmente nella bocca e nel mento barbuto e nella fronte su cui i capelli stanno ritti, piantati rudemente, quasi come aculei. Una guida, un uomo dei campi, indica l’ucciso a due ufficiali del Borbone. E un soldato, sbucando dietro il masso, guarda quel corpo esanime, con nelli occhi una stupefazione che ha qualche cosa del terrore. Più in là altri soldati borbonici spogliano i nostri garibaldini. A destra, in uno sprazzo vivo di sole, le truppe si allontanano scendendo. Bronzetti campeggia, occupa il terreno, non come un vinto ma come un vincitore, egli che nell’ordine del giorno Giuseppe Garibaldi paragonava a Leonida e ai Fabii. Tutte le figure intorno impallidiscono di fronte a lui. Soltanto la grandezza della campagna è eguale alla grandezza dell’eroe.”
Tale dipinto era destinato originariamente al comune di Mantova, città natale di Bronzetti e, nell’apprendere che il Museo di Mantova stava negoziando per l’acquisto alla fine dell’Ottocento, ancora Gabriele D’Annunzio fece “ i voti perché questo sia”, ma la trattativa si arenò in breve tempo, come ci informa Nicola Borrelli. Il dipinto fu quindi ospitato presso la Reggia di Caserta per “ sovrana concessione”, e successivamente ne fu proposta l’acquisto all’ Amministrazione di Caserta senza successo e la tela rimase a Caserta fino agli inizi del ‘900 quando, a seguito dell’espletamento delle procedure espropriative per l’insolvenza del pittore nei confronti del Banco di Napoli, fu messo all’asta. Valutato da una commissione 30.000 lire, il quadro fu acquisito in proprietà del Banco per l’inadeguatezza delle offerte presentate. Quindi attualmente il quadro appartiene alla Fondazione Banco di Napoli. Dopo la fusione del Banco di Napoli con Intesa SanPaolo, numerosi appelli sono stati rivolti ai vertici della Banca Intesa San Paolo, solitamente sensibile alle iniziative legate al mondo dei Beni culturali, tra cui ricordiamo le missive del Comune di Sessa Aurunca datate 11 novembre 2009, 22 ottobre 2010, fatte proprie dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con una lettera inviata al dottor Paolo Grandi, Responsabile dei Beni Archeologici e Storico Artistici del gruppo bancario IntesaSanPaolo .
Nel 2017 Intesa Sanpaolo ha deciso di concedere in comodato gratuito alla reggia di Caserta l’opera di Luigi Toro. Il dipinto è esposto negli ambienti della ex Scuola Nazionale Amministrazione adiacente alla Cappella palatina.
Bibliografia:
-Almerinda Di Benedetto -Il Risorgimento sulla tela. La morte di Pilade Bronzetti di Luigi Toro-pdf Academia-edu
-Nicola Borrelli, “Un artista e un patriota dimenticato. Luigi Toro” in Rivista Campana, periodico trimestrale di storia, etnografia, lettere ed arte.
-Gaetano Mastrostefano, Maria Elena Maffei, Gianluca Puccio, Luigi Toro, pittore e patriota dell’800, Caramanica- 2012