Giuseppe Galasso, pur usando, come quasi tutti gli storici italiani, il termine “giacobino” in relazione al triennio rivoluzionario italiano 1796-99, nel volume sesto della consistente serie di studi storici “ L’ Italia Nuova”, proprio nel capitolo dedicato al triennio “giacobino” in Italia, scrive al riguardo che “ un dato certo è costituito dalla difficoltà di definire giacobino quel periodo”. Lo storico napoletano aggiunge che “ il suo impiego storiografico è altrettanto difficile che la rinunzia a tale uso”. Come è ben noto, dopo la caduta di Robespierre “il Club dei Giacobini” fu sciolto nel novembre 1794, e anche allorché si costituì a Parigi un circolo neo-giacobino nel luglio 1799, esso fu sciolto nel mese successivo.
Dunque, negli anni del Direttorio, allorché ebbe luogo in Italia l’esperienza che è definita “ giacobina”, in Francia il giacobinismo, secondo quanto esprime Giuseppe Galasso “ “rappresentava un richiamo ben più politicamente scorretto”. Al riguardo, si può ritenere significativo che negli stessi documenti francesi riferiti all’Italia di quegli anni rivoluzionari di fine Settecento il termine “ giacobino” non ricorra mai. Lo storico napoletano ricorda altresì che lo stesso Vincenzio Russo, uno dei più esigenti rivoluzionari della Repubblica Napoletana del 1799, nel parlare di Robespierre, lo definiva dispregiativamente un nuovo Silla, alludendo al periodo dittatoriale di Lucio Cornelio Silla.
Allo stesso modo Giuseppe Compagnoni sul “Monitore cisalpino” ammoniva a considerare che l’ordinamento repubblicano si mostrava in pericolo anche per “ l’esagerazione dei facinorosi”. Scrive ancora Galasso che “la voce Democratico e anche quella dedicata all’Eguaglianza sono invece scritti con i tratti più positivi possibili.”
Come rileva Carlo Zaghi, i cui studi sul triennio rivoluzionario in Italia conservano ancora la loro indubbia valenza, “ parlando di giacobini generalmente si tende ad imbarcare nella medesima barca uomini e programmi che, pur provenendo dalla stessa matrice rivoluzionaria, hanno avuto sviluppi, accenti, accadimenti e atteggiamenti diversi nelle vicende del triennio democratico repubblicano in Italia”. Per cogliere queste differenze si mostra necessario non prendere in considerazione solo il triennio, ma risalire altresì all’importante momento storico più remoto, ossia a quello della cultura e azione riformatrice, la quale ebbe il suo sviluppo in Italia in decenni ben prima della Rivoluzione francese. Erano gli anni in cui tanti intellettuali erano fiduciosi nell’opera riformatrice dei sovrani illuminati, collaborando in maniera fattiva per molto tempo, ispirando e sostenendo le riforme.
Giuseppe Galasso, quindi, invita a guardare all’universo “ giacobino” italiano, considerandolo quale “ realtà assai largamente composita, un universo da cogliere in tutta la varietà delle sue componenti che per molti versi si sovrappongono e interferiscono tra loro, dando luogo ad una dialettica politica chiara”. Tipica si rivelò la discussione che si ebbe a Napoli sulla legge feudale in quanto si evidenziò in tutta la sua chiarezza la distinzione fra i moderati e i più “ exaltés”, come erano definiti i più rivoluzionari dai francesi del Direttorio.