
Come scrive Camillo Albanese “ la prepotenza dei giovani baroni, che ispirò il romanzo manzoniano, non lasciò immune Napoli: anche qui la loro arroganza, i loro soprusi erano all’ordine del giorno” .
Una bella giovane del popolo, promessa a Michele Tavassi, fu presa di mira da un barone un sabato di giugno del 1496, allorché re di Napoli era Ferdinando II d’Aragona, detto Ferrandino. Si chiamava Lucia, come la giovane del romanzo manzoniano, e il suo cognome era Stella.
Michele Tavassi era un capopopolo che sapeva esternare le rivendicazioni e i soprusi dei baroni nelle varie occasioni e guidare il popolo a ribellarsi riguardo a ciò che riteneva ingiusto. Lo dimostrò in occasione della vigilia del Corpus Domini del 1496, allorché re Ferrandino revocò la disposizione che vi fosse anche un rappresentante del popolo a reggere un’asta del baldacchino insieme ai nobili.
Il giovane Michele Tavassi si guadagnò la fiducia del popolo nel momento in cui si mostrò uno dei più determinati nella protesta contro la deliberazione di re Ferrandino, prendendo la parola per rivendicare il diritto del popolo d’ impossessarsi dell’asta del baldacchino durante la celebrazione.
Si temevano pertanto tumulti a Napoli per quella domenica del Corpus Domini del 1496 e il giovane nobile, che aveva da tempo preso Lucia Stella ad oggetto delle sue attenzioni, pensò che fosse il momento opportuno per rapirla e farla sua. Il barone era convinto che la fanciulla non avrebbe lasciato il suo uomo solo in quella difficile occasione e sarebbe stata fiera di lui, ma Lucia, che non era una sprovveduta, seguì il suo intuito che le suggerì un abile stratagemma.
Durante i momenti di trambusto per impossessarsi del baldacchino l’arrogante barone, insieme ai suoi sgherri, mise in atto il piano di rapimento ma, nel trovarsi faccia a faccia con Lucia, si accorse che non era lei, pur indossando le vesti che era solita portare nei giorni di festa. Lucia aveva chiesto ad una sua coraggiosa amica Carmela, una fanciulla deforme, di vestire i suoi abiti.
Carmela, che era come una sorella per Lucia, nonostante la rabbia del barone ingannato, in breve tempo tornò libera. Nel contempo Michele Tavassi, per quell’atto di insubordinazione, era stato arrestato e portato in prigione, con l’accusa di prestabilita sedizione, un reato che prevedeva la pena di morte. Accompagnata dal padre, Lucia si recò dal barone, sperando in una qualche indulgenza per Michele ma, nonostante la presenza del genitore di lei, il nobile arrogante spudoratamente le propose un unico patto: la libertà di Michele in cambio del corpo di lei.
Alla stregua del romanzo manzoniano, a questo punto si rese necessario l’intervento di un religioso buono e forte, pronto a far sue le istanze del popolo oppresso dalle angherie dei prepotenti baroni: Padre Aurelio del Monastero di Sant’ Agostino.
Padre Aurelio, oltre ad una forte influenza a corte, aveva la stessa forza dialettica di Fra Cristoforo del romanzo manzoniano nel rappresentare le istanze del popolo oppresso e, per proteggerlo dai soprusi dei baroni nelle occasioni in cui era richiesto il suo aiuto, faceva affidamento alla parola evangelica.
Pertanto, dopo che Padre Aurelio denunciò l’ingiustizia che si stava perpetrando, il giovane re Ferrandino d’Aragona si convinse a convocare il giovane barone a corte, riconoscendo, inoltre, che la revoca del provvedimento di consentire ad un rappresentante del popolo, insieme a tre nobili, di portare il baldacchino del Corpus Domini si era rivelata infelice.
Giunto a corte, il nobile arrogante e prepotente si presentò al cospetto del sovrano come un “vile lacché” e non proferì parola né riguardo al tentato rapimento di Lucia Stella né tantomeno in relazione alle gravi molestie nei confronti della giovane popolana.
Mentre il re lo ammoniva, intimandogli di desistere dal quel proposito, il barone inchinandosi quale atto di sottomissione, si allontanò indietreggiando. Re Ferrandino donò a Lucia un anello, segno che il suo promesso sposo sarebbe stata presto un uomo libero.
Ferrandino d’Aragona morì dopo pochi mesi. Aveva solo 29 anni.
Bibliografia:
Camillo Albanese- Storie della città di Napoli- Newton Compton Editore- 2006