Il comitato delle tre Calabrie nel 1848 napoletano

Quando re Ferdinando concesse la Costituzione a Napoli nel 1848, il primo governo costituzionale, formato tra il 27 e 30 gennaio, fu costituito da un esecutivo di cui facevano parte personalità di orientamento diverso, tra cui Francesco Paolo Bozzelli, ministro dell’Interno, Cesare Bonanni, ministro di Grazia e Giustizia e degli Affari Ecclesiastici, Carlo Poerio, alla direzione dell’ex ministero della Polizia, dipendente dal Ministero dell’Interno, con presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri, Nicola Maresca, uno dei fedelissimi cortigiani della dinastia borbonica. Già dal primo febbraio alcuni patrioti calabresi, in sinergia con altri patrioti democratici e radicali del Regno, espressero il loro dissenso che si concretizzò il 27 febbraio con la costituzione del Comitato delle tre Calabrie, fondato a Napoli da Giannandrea Romeo, Casimiro De Lieto e dal canonico Paolo Pellicano. Esso rappresentava i tre comitati di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, rispettivamente guidati da Eugenio De Riso, Tommaso Ortale ed Agostino Plutino.

Il 6 marzo il Comitato promosse un’alleanza con il Circolo Costituzionale dei liberali lucani, guidati da Vincenzo D’Errico, Agostino D’errico ed Emilio Maffei e con i comitati di governo di Palermo e Messina. Tale “Comitato” fu partecipe della rivoluzione napoletana del 1848, ma con un ruolo ben diverso nel variegato gruppo liberale che richiedeva la Costituzione. Il suo apporto si mostrò, infatti, ben distinguibile per gli aspetti ideologici, politici e culturali di cui si faceva promotore, ascrivibile ad un’appartenenza repubblicana, che doveva pur trovare una sintesi con le istanze espresse dai settori liberali più moderati. Come scrive Viviana Mellone, “ in prima istanza, la mobilitazione calabrese fu espressione del consolidarsi del pensiero repubblicano, inteso non soltanto quale ideologia sostenitrice della repubblica come forma di stato, ma anche come dottrina che pose al centro dei propri valori la sovranità popolare, battendosi dunque affinché la maggioranza della popolazione partecipasse alla vita politica. Sebbene il sogno della repubblica perdurasse nei cuori dei radicali calabresi, tuttavia, già fra il 23 e 29 febbraio, nel momento in cui il ministro dell’Interno Bozzelli fu impegnato nella redazione della legge elettorale, il gruppo radicale aveva ormai ritenuto opportuno accantonare dal programma “ la fedele espressione dell’ideologia repubblicana, preferendo concentrarsi sulla legge elettorale per l’abbassamento di censo. Fu da parte di due dei maggiori esponenti di tale “Comitato”, Casimiro De Lieto e il canonico Pellicano, che tali istanze di maggiore democratizzazione del Parlamento furono formulate il 1° febbraio tramite lettera al ministro dell’Interno.

Quindi, pur abbandonando nella sua forma esplicita l’ideale repubblicano, il Comitato delle tre Calabrie elaborò un programma imprescindibile di rivendicazioni costituzionali ed istituzionali che prevedeva innanzitutto la fine della guerra con la Sicilia, con il riconoscimento della indipendenza amministrativa dell’isola, una legge elettorale che estendesse l’eleggibilità attiva e passiva, un radicale cambiamento del personale amministrativo e la convocazione di una guardia nazionale. In relazione alla legge elettorale, secondo quanto indicato nel documento Basi d’una Costituzione per Napoletano, ideato da Casimiro De Lieto, si chiese che fossero elettori «tutti i cittadini maggiori a 25 anni ed eleggibili maggiori a 30 anni», con una riduzione consistente dell’entità del censo. Inoltre, per evitare un’eventuale corruzione dei parlamentari, fu proposto il rinnovo biennale del mandato parlamentare, e l’esclusione sia come elettori che come eletti di chiunque avesse subìto “condanne infamanti”.

I patrioti calabresi radicali, nel corso del 1848 napoletano, erano consapevoli di poter proporre richieste e istanze più radicali in quanto  vantavano con orgoglio le idealità, intrise di estremo sacrificio, dei martiri degli anni precedenti, a cui avevano rivolto un costante riferimento, in particolare ai fratelli Bandiera e ai martiri di Gerace. Nel corso della crisi politica di fine marzo, il pensiero repubblicano del  Comitato delle tre Calabrie si esplicitò anche  nella rivendicazione  di un ridimensionamento dei poteri del Senato, collegata sia al principio di estensione della sovranità popolare che in relazione all’identificazione dei senatori quale residuo ingiustificato dell’antico regime, di un potere che esprimeva un anacronistico privilegio rispetto al nuovo principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

I patrioti radicali calabresi, inoltre,  seppero far ben uso della mobilitazione di piazza, diventando punto di riferimento anche per il Circolo costituzionale lucano. La sociabilità di strada fu considerata rilevante per la diffusione delle proprie idee, e il Caffè di Buono di piazza Toledo divenne luogo di raccolta dei leader radicali in prevalenza calabresi, degli studenti e di coloro che avrebbero progressivamente rivendicato una riforma più radicale della Costituzione.

Tuttavia, il loro programma, data la radicalità di proposte politiche, non poteva in quel prematuro momento storico prevalere, e, come evidenzia Enrica Di Ciommo, “ se quel modulo politico nella realtà non riuscì a prevalere, fu non tanto per l’inesperienza dei rivoluzionari e per le divisioni esistenti all’interno del movimento, quando soprattutto per l’ostilità congiunta del sovrano e dei gruppi moderati”. Conseguentemente, si produsse  gradualmente una lacerazione interna allo stesso movimento e ad un conflitto con i patrioti liberali moderati. La parte che sopravvisse reagì disperatamente, finendo per tentare, il 15 maggio, un fallimentare  colpo di stato al fine di instaurare la repubblica e chiedere la Costituente.

L’insurrezione fallita, tuttavia, fece emergere chiaramente l’esigenza di una politicizzazione più marcata di vari ceti sociali, un’ulteriore conquista da raggiungere nel lungo percorso del Risorgimento meridionale e nazionale. L’avvio dell’esperienza della Repubblica romana consentì al radicalismo meridionale di esprimere le istanze profonde del movimento quarantottesco, ma la sua sconfitta determinò anche un cambiamento di rotta.

I maggiori esponenti del Comitato delle tre Calabrie continuarono l’attivismo patriottico, con la nuova consapevolezza che l’obiettivo dell’indipendenza italiana doveva essere prioritario rispetto alla questione della specifica forma di governo dello Stato.

Bibliografia:

Viviana Mellone- Napoli 1848- Il movimento radicale e la rivoluzione- Franco Angeli, 2017

Enrica Di Ciommo- La nazione possibile- Mezzogiorno e questione nazionale nel 1848- Franco Angeli, 1993