Il dipinto “Cesare Borgia a Capua” di Domenico Morelli.

E’ soprattutto tramite le lettere all’amico Pasquale Villari che si conoscono i vari momenti del lavoro che consentono al pittore Domenico Morelli di portare a termine il dipinto  ” Cesare Borgia a Capua”, commissionato dal facoltoso imprenditore tedesco Ettore Giulio Marstaller. Il 26 settembre del 1849 Domenico Morelli scrive al Villari che Marstaller si era mostrato molto interessato ad un “bozzetto in disegno rappresentante Cesare Borgia dopo la presa di Capua che sceglie fra le donne rinchiuse in una torre 40 delle più belle e siamo rimasti che ne eseguirò il quadro della medesima

grandezza dei corpori, a lume di fiaccole”. Il rapporto tra il pittore e il committente fu alquanto tribolato, a tal punto da far sì che Domenico Morelli proponesse il dipinto ad un altro acquirente. Ultimato nella primavera del 54, a causa del decesso di Marsteller il dipinto “olio su tela di cm 131x 183,5”  fu venduto nel gennaio dell’anno successivo al conte Tasca d’Almerita di Palermo.

 Nel 1856 il quadro fu così presentato all’Esposizione di Belle Arti di Palermo con il titolo “Cesare Borgia dopo l’assedio di Capua fa trarre le donne che si erano rifugiate in un sotterraneo del castello”, ottenendo  giudizi entusiastici a tal punto che sulla rivista “ Il Poligrafo” si esprime il rammarico di non potere concedere al pittore napoletano un diploma di riconoscenza, in quanto il regolamento lo prevedeva solo per gli artisti siciliani.

 Non si conoscono le motivazioni certe per la scelta da parte del Morelli di  tale  drammatico evento storico, ma, come evidenzia Almerinda Di Benedetto si mostra “certo comunque che l’individuazione di un avvenimento così storicamente pregno di significati, sia per la terribilità con la quale si svolsero i fatti, che per il fortissimo messaggio simbolico trasmesso dal comportamento dei capuani, strenui e indomiti difensori della propria terra e dei valori morali e civili a essa legati, appare più che appropriata in un’epoca permeata da profondi umori risorgimentali e patriottici”.

  In relazione alla terribile decisione  dello spietato duca Valentino di perpetrare a Capua un massacro senza precedenti a danno della popolazione inerme, che arrivò a contare alcune migliaia di vittime, la professoressa e ricercatrice Almerinda Di Benedetto consiglia la “recentissima pubblicazione di Giancarlo Bova, Il sacco di Capua. 24 luglio 1501, nella quale l’autore contribuisce, con l’apporto di documenti inediti, a fare maggiore chiarezza del racconto agghiacciante della memorabile strage.”

 Per quanto concerne l’aspetto  prettamente pittorico , nell’anno 1925  Vittorio Spinazzola avrebbe condensato nelle seguenti  righe la descrizione dell’opera: “la lussureggiante tela, in cui erano impiegate a profusione tutte le virtù della sua fantasia, del suo pennello, della sapiente ricerca, della sensualità delle forme, dell’impeto tumultuoso eppure latinamente contenuto della composizione, collegantesi alla nostra tradizione veneta o seicentesca napoletana, in cui basterebbe il meraviglioso fondo di mura merlate e torri intraviste in un pulviscolo d’oro e la maestria degli aggruppamenti, degli scorci, dei nudi, a mostrare quanta fosse ormai la sua padronanza del disegno, del pennello, della forma” .

Bibliografia:

Almerinda Di Benedetto- “La storia dipinta: Domenico Morelli e il Sacco di Capua” in Rosanna Cioffi, Ornella Scogliamiglio- MOSAICO- Temi e metodi d’arte e critica per Gianni Carlo Sciolla- vol. 2, Luciano Editore- 2012