E’ Benedetto Croce a scrivere che la rivoluzione del 1799 a Napoli diede vita al giornalismo politico. Infatti, precedentemente i giornali si limitavano a riportare cronache di feste e cerimonie di corte, di manifestazioni teatrali, eventi religiosi.
La stampa politica, ad iniziare dal “Monitore Napoletano” di Eleonora Fonseca Pimentel, cercò innanzitutto di comunicare gli ideali repubblicani e rivoluzionari di libertà e uguaglianza. Considerando che la Repubblica napoletana del 1799 durò meno di cinque mesi, si rimane stupefatti dall’attività culturale che caratterizzò tale breve periodo in termini di diffusione delle idee e degli eventi tramite i giornali. Con la proclamazione della Repubblica Napoletana, il 21 gennaio 1799, si era consapevoli da parte dei patrioti dell’importanza della comunicazione al fine di ottenere un indispensabile allargamento del consenso in relazione alla diffusione dei concetti fondamentali della democrazia repubblicana, la libertà e l’uguaglianza, come anche allo scopo di dar conto delle decisioni del governo repubblicano. Il 29 gennaio 1799 iniziò a circolare per le strade della città un volantino che annuncia la prossima pubblicazione d’un foglio il cui intento era quello di rendere “conto di tutte le operazioni governative” della Repubblica. Ad aiutarla c’era l’amico Giuseppe Logoteta, “un attivo collaboratore di redazione come redattore di bozze prima, e revisore generale, poi, spingendosi anche a giudizi politici autonomi. Mentre un gruppo di animosi, ma anonimi, giovani fungevano da cronisti volontari o appositamente incaricati, raccogliendo notizie e spesso componendo direttamente pezzi di cronaca”
Il Monitore Napoletano, diretto da Eleonora Pimentel Fonseca, richiama esplicitamente l’omonimo periodico parigino e il 2 febbraio 1799 uscì dalla tipografia di Gennaro Giaccio dal I al XXV numero; successivamente la stampa venne curata dalla Tipografia Nazionale. “Questo foglio- si scrisse nell’annuncio dell’imminente, periodica, pubblicazione del Monitore Napoletano- renderà conto di tutte le operazioni del Governo. Si pubblicherà ogni volta che partirà il corriere affinché non soffra un ritardo inutile per tutte i comuni della Repubblica. Le associazioni si ricevono nella stamperia del Cittadino Gennaro Ciaccio sita alle fosse del grano; il prezzo è di carlini sei al detto Cittadino, il quale ne terrà registro. Il primo foglio si pubblicherà sabato a mezzogiorno 14 Piovoso anno 7 ( 2 febbraio 1799)”. Sopra al titolo – che fu Monitore Napolitano dal numero I al numero XIV, e Monitore Napoletano dal XV al XXXV (dell’ 8 giugno 1799), ¬troneggiavano le due parole-chiave “Libertà” ed “Eguaglianza”; sotto era riportato il numero cronologico con la data di pubblicazione nel nuovo e vecchio stile, ossia secondo il calendario repubblicano e quello gregoriano. Il primo numero del Monitore Napoletano consiste di quattro grandi pagine ( cm. 34 x 21 ) con una di supplemento. E’ noto l’articolo in cui si proclama “ Siam liberi in fine, ed è giunto anche per noi il giorno in cui possiamo pronunciare i sacri nomi di libertà e di uguaglianza, ed annunciarci alla Repubblica Madre come suoi degni figliuoli; ai popoli liberi d’Italia e d’Europa, come loro degni confratelli.
Il giornale ebbe un ritmo bisettimanale di pubblicazione uscendo quasi sempre, con intervallo di tre giorni, cioè ogni martedì e sabato. Ciascun numero fu costituito da quattro pagine , tranne l’ultimo di sei, che raccoglievano gli articoli su due colonne.
Solitamente pubblicato il martedì e il sabato, nel numero 3 di sabato 9 febbraio 1799, il Monitore Napoletano rimarcava “ la libertà delle stampe” quale elemento caratterizzante i “ Governi liberi”. Quindi il Monitore Napoletano si presentava quale foglio filogovernativo, che, tuttavia, non avrebbe seguito acriticamente i vari momenti del progetto politico rivoluzionario, le necessarie discussioni in momenti topici, come anche i conflitti e le contraddizioni del generale andamento della Repubblica Napoletana. Infatti, pur nato come organo di informazione di posizioni ed indirizzi politici governativi nei territori della Repubblica, il periodico assumerà gradualmente un taglio più articolato, connotandosi, in momenti e aspetti politici particolari, per alcune posizioni critiche nei confronti dell’attività governativa. Lo storico Mario Battaglini sottolinea l’indipendenza di pensiero di Eleonora Pimentel Fonseca e rimarca l’assoluta indipendenza “ di fronte a qualsiasi gruppo, da qualunque parte provenisse”, fosse essa di carattere moderato o radicale. “La Pimentel espone tutti i fatti riferentisi a Napoli- continua Battaglini- e li commenta, ma al di sopra pone le esigenze del paese e del popolo: soprattutto del popolo”. Pertanto Il Monitore Napoletano diviene per opera di Eleonora Fonseca Pimentel, un giornale di critica e di continuo incitamento al governo in difesa di quella sovranità del popolo che era posta come epigrafe del giornale . Inoltre il Monitore Napoletano era ben attento ai problemi economico- finanziari della Repubblica, esprimendo, quando si riteneva necessario, il proprio pensiero e offrendo ipotesi alternative e propositivi riguardanti anche questioni di finanza.
Presente nel “ foglio” anche l’importante dimensione pedagogico- formativa, oltre a quella comunicativa degli eventi e delle leggi della Repubblica. A tal riguardo un dato di riferimento costante risulta essere l’insistente richiamo ai valori e agli ideali portanti della libertà e dell’uguaglianza quali tratti distintivi della nuova fase politico- istituzionale repubblicana. La libertà, dunque, come concetto fondamentale della cultura politica rivoluzionaria, in nome e nel rispetto della quale la stessa “ Repubblica napoletana una ed indivisibile” era stata “proclamata e giurata” dai patrioti “ racchiusi nel castello S. Eramo”, nella mattinata del 21 gennaio 1799. Il Monitore Napoletano, pertanto, facendo leva sui concetti basilari di libertà ed uguaglianza, dava ampio spazio, nel numero del 5 febbraio 1799, al manifesto politico- programmatico del Governo provvisorio della Repubblica, emanato il 26 gennaio. Tali “ Istruzioni generali ai patrioti” del nuovo Governo repubblicano esplicitavano la connotazione organizzativa del nuovo assetto governativo, imperniato sul perseguimento della libertà e dell’uguaglianza per tutti i cittadini, chiamati ad essere soggetti attivi delle Municipalità, che patrioti e cittadini sollecitati a diffondere gli ideali della Repubblica.
Anche i “Sacerdoti veramente penetrati delle massime del Vangelo, che- si sottolineava- raccomanda l’uguaglianza, e la fraternità tra gli uomini” erano invitati a “ concorrere ai voti del Governo”, rendendo “ utile di loro influenza per far apprendere ai Napoletani i beneficj della libertà riacquistata, e lo scopo della rivoluzione”.
Insieme al concetto di libertà ed uguaglianza, altro elemento caratterizzante la cultura politica repubblicana, costantemente richiamata dal Monitore Napoletano, è quella che nel n. 26 del 9 maggio 1799, è definita “ MAJESTAS POPULI” e che da tale numero comparirà quale sottotitolo del “ Monitore Napoletano” in coincidenza non casuale con la dettagliata descrizione del miracolo di San Gennaro. Eleonora Pimentel Fonseca riteneva che il Governo avrebbe dovuto tenere maggiormente in considerazione tali manifestazioni di culto popolare al fine di avvicinare le istituzioni repubblicane al popolo, sollecitando a partecipare alla “ processione del Corpo di Cristo”. La festa del Corpus Domini avrebbe avuto quale obiettivo politico un’occasione per avvicinare il popolo, che partecipava a tali ricorrenze religiose. Si trattava di un’occasione ulteriore della necessità che il Popolo, “ piegato a parlar come plebe”, avrebbe iniziato “ a parlar come Popolo”, acquisendo con la democrazia repubblicana la dignità di Popolo.
Il Monitore Napoletano affronta anche la questione del ritardo dei lavori nella tanto attesa, ma contrastata, legge sulla feudalità, sollecitando il secondo Governo della Repubblica ed esprimendo le proprie preoccupazioni per la lentezza delle operazioni nel numero 15 di sabato 30 marzo 1799. Scrive Benedetto Croce: ” Non distrazioni, non discorsi di letteratura o astratte discettazioni, come in altri giornali di quel tempo. Il Monitore va diritto, tutto assorto alle questioni essenziali ed esistenziali che si affollarono in quei pochi mesi, i quali per intensità di vita valsero parecchi anni. E in esso ritroviamo le fuggevoli gioie, i propositi e le aspettazioni dei patrioti napoletani, espressi con la parola della loro virile compagna, con la forma e il colorito individuale che prendevano nell’animo di lei”.
Un problema sentito dal giornale fu il rapporto con il popolo che Eleonora Pimentel Fonseca esplicitava, proponendo anche una gazzetta da scrivere in vernacolo per comunicare le notizie più importanti riguardo soprattutto alle leggi e ai provvedimenti del governo della Repubblica. Eleonora chiedeva l’aiuto del clero repubblicano e interveniva quando c’erano delle dispute tra i patrioti, come quando sostenne apertamente il disegno di legge di Albanese sulla feudalità, che riteneva un giusto mezzo tra le idee troppo moderate di Pagano e quelle radicali di Cestari. Inoltre comunicava il suo entusiasmo nei momenti delle grandi scelte, quale riteneva essere quella della costituzione di una guardia nazionale, ma opponendosi al corpo di cavalleria che riteneva antidemocratico. La formazione culturale di Eleonora le consentiva di additare quale esempi i grandi uomini delle repubbliche antiche, nei quali rivedeva i suoi patrioti, soprattutto quelli vittime di persecuzioni. A tal riguardo non mancò di ricordare i “ martiri della libertà e della patria”, le loro private e pubbliche virtù” in opposizione ai “ vizi della passata tirannia”. Così Il Monitore appoggiò la proposta di Forges Davanzati d’innalzare un monumento a Emanuele De Deo “ giovan di ventun anni non compiuti, chiaro nella processura per virtuoso silenzio e lealtà verso i compagni, chiaro negli ultimi ricordi per pietà filiale; chiaro innanzi al supplicio per placida costanza”, ricordando altresì gli altri martiri Palomba e Moscadelli.
Eleonora spese tante energie, nei momenti in cui la coalizione controrivoluzione del cardinale Ruffo diventò consistente, rivolgendosi alla Napoli quale “ Patria di ogni Cittadino”, per gettare le fondamenta della GRANDE ITALICA REGIONE, come scrisse nel numero di sabato 25 maggio, allorché i francesi avevano abbandonato da tempo i patrioti al loro destino a fronteggiare da soli l’armata sanfedista. Col numero 35 dell’8 giugno, il giornale cessò le pubblicazioni. Fino all’ultimo Eleonora aveva creduto nella Repubblica, convinta che essa potesse sopravvivere con le sole sue forze. Quando il generale francese Mcdonald aveva ritirato le sue truppe da Napoli, Eleonora aveva scritto nel numero del 14 maggio: ” L’Italia resterà una Nazione guerriera, combatterà del ” suo”, non dell’altrui ” ferro cinta”; si comprenderà la gran verità che un popolo non si difende mai bene che da se stesso; e che l’Italia, indipendente, è libera, ed utile alleata; se dipendente, è invece di peso: perché la libertà non può amarsi per metà e non produce i suoi miracoli che nei popoli tutto affatto liberi”.
Invece l’armata sanfedista riportò sul trono Ferdinando IV e, con la partecipazione attiva degli inglesi, iniziò una mattanza feroce, nonostante il parere contrario dello zar che invitava il re Borbone a non ammazzare la migliore intellettualità che Napoli aveva saputo esprimere.
Bibliografia:
Mario Battaglini- Il Monitore Napoletano( 1799). Guida Editori- Napoli 1999
Benedetto Croce- La rivoluzione napoletana del 1799- Bibliopolis 2008
Antonella Orefice- Eleonora Pimentel Fonseca- L’eroina della Repubblica Napoletana del 1799- Salerno Editrice, 2019