Il saccheggio di Pignataro dell’anno 1648

Nel testo “Memorie storiche di Pignataro Maggiore”, Nicola Borrelli ci racconta di come, ai tempi della famosa rivolta di Masaniello, Pignataro fu assalita e saccheggiata dalle truppe del Duca di Maddaloni. In effetti Pignataro seguì la sorte di Calvi, contro cui si era scagliato il Duca di Maddaloni, il quale, nel 1648, saccheggiò, oltre al Palazzo Vescovile di Calvi, anche Pignataro e la sua Chiesa di S. Maria della Misericordia.

Il duca di Maddaloni Diomede Carafa era un uomo prepotente, protettore di banditi, un “bravaccio dispotico”, ma fedele al sovrano Filippo IV e al suo viceré di Napoli. I Carafa erano i discendenti di uno dei rami principali di una nobile e antica famiglia di origine napoletana, le cui origini, però, si intrecciano alla leggenda che vuole che il loro capostipite, un nobile pisano, abbia salvato l’imperatore Enrico IV, frapponendosi tra una spada che stava colpendo l’imperatore e il suo corpo.

Nel ventennio precedente la rivolta del 1647, periodo di grave crisi politica e finanziaria del Regno, Diomede Carafa, come riporta Rosario Villari,  si distinse tra i feudatari di alto rango che “forti di un largo seguito, di numerosa parentela e di grosse e turbolente bande di seguaci[… ] poterono macchiarsi di delitti contro i loro vassalli, e perpetrare abusi inauditi senza essere, di fatto, perseguiti

Il fratello del duca di Maddaloni era altrettanto di indole prepotente, inquisito di varie gravi colpe. Infatti i due fratelli Diomede e Giuseppe, quando scoppiò la rivolta di Masaniello erano, il primo “rinchiuso” nel castello di S. Elmo a Napoli e il secondo esiliato a Benevento.

Diomede e Giuseppe Carafa si misero al servizio del Viceré di Napoli per opporsi alla rivoluzione di Masaniello. Un primo scontro tra Diomede Carafa e Masaniello vi fu allorché il Carafa portò a Piazza Mercato un bando del Viceré il cui contenuto riguardava l’abolizione delle gabelle. Masaniello lo aveva afferrato con violenza e tratto giù da cavallo. Successivamente i fratelli Carafa tentarono con un attentato di seminare il panico tra la popolazione e uccidere Masaniello. L’attentato avrebbe dovuto svolgersi in due momenti, ad iniziare dall’assassinio di Tommaso Aniello nel corso di un’assemblea per la lettura e conseguente approvazione dei capitoli, con successiva strage dei popolani raccolti nel convento e nella piazza.

A tale scopo il Duca di Maddaloni aveva mobilitato tutto il suo esercito di banditi, ma l’attentato fallì e Giuseppe Carafa venne catturato e decapitato. Non potendo sfogare la sua ira sui popolani di Masaniello, né sull’Arcivescovo di Napoli Ascanio Filomarino, Diomede Carafa pensò ad una vendetta trasversale. L’obiettivo diventò il fratello dell’Arcivescovo di Napoli, Gennaro I, ossia Gennaro Filomarino, nato a Napoli nel 1591 e che dal 1633 era vescovo di Calvi, carica che avrebbe conservato fino alla morte, avvenuta nell’ottobre del 1650.

Per mettere in atto la sua vendetta trasversale, Diomede Carafa si serve di uomini incuranti del pericolo, abituati a sanguinosissimi combattimenti, sprezzanti della morte. Nel 1648, da Aversa si recò a Calvi, ove distrusse la casa vescovile e incendiò l’archivio diocesano. Anche Pignataro fu precedentemente assalito, essendo la sede vescovile stata trasferita, quale luogo più sicuro, dal vescovo di Calvi Gennaro Filomarino nel vicino casale di Pignataro.

Come scrive Don Pietro Palumbo, tale notizia “è confermata dai documenti. Purtroppo non solo il palazzo vescovile di Calvi, ma anche quello di Pignataro e la chiesa di S. Maria della Misericordia e tutto l’innocuo paesino di Pignataro furono saccheggiati”.

L’armata, fatta la bravata a Pignataro, passò a Calvi. Qui vi furono feriti e carcerati, stando alla deposizione di Luigi Cicchella di Sparanise di anni 25, che “asserisce di esser stato ferito e portato nelle carceri di Capua dove rimase per circa un mese”.

Bibliografia:

Nicola Borrelli – Memorie storiche di Pignataro Maggiore – 1940

R. Villari – La rivolta antispagnola a Napoli, Bari – 1967

Pietro Palumbo – “Il foglio” – Pignataro Maggiore, 1° gennaio 1975 in Antonio Martone – Storia di Pignataro in età moderna – Il seicento (Prima metà) Vozza Editore – 2013

Lo studioso e ricercatore caleno Lorenzo Izzo sostiene, invece, che Il  saccheggio di Pignataro non è in alcun modo riconducibile ad una vendetta trasversale ordita dal duca di Maddaloni contro Ascanio Filomarino, cardinale di Napoli e fratello del vescovo di Calvi, Gennaro Filomarino perché il Carafa era solito con la sua “squadra di scherani e rubatori scorazzare per le campagne e assalire ogni ragunata gente “ .