
Nel 1844, prima dell’esecuzione nel vallone di Rovito i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera e sette loro compagni furono affidati, come da prassi, ai sacerdoti “ confortatori” della Compagnia dei Bianchi. In particolare, il compito di “ conforto” di Attilio ed Emilio Bandiera fu assegnato all’abate Beniamino De Rose. Costui, secondo quanto scrive Adriano Sconocchia, era “carbonaro repubblicano e adepto della Giovine Italia”.
Lo stesso Beniamino De Rose rivelò nel 1868 di “ aver confortato le anime benedette di quei martiri, e negli ultimi loro ultimi terribili momenti c’intendemmo con il sentimento e ci affezionammo col cuore. I fratelli Bandiera mi lasciarono qualche prezioso dono del loro ricordo. Benedissi tutti col bacio fraterno e li accompagnai al supplizio”. Uno di quei doni era un fazzoletto che i due fratelli chiesero di consegnare alla madre. L ’abate De Rose poté assolvere a quella richiesta solo dopo alcuni anni.
Dopo la fucilazione i resti mortali dei Fratelli Bandiera erano stati ” posti in una fossa nella Chiesa di Sant ‘Agostino” di Cosenza. Nel 1848, anno della Primavera dei Popoli, dopo i moti insurrezionali nel Regno delle Due Sicilie, i resti mortali dei fratelli Bandiera furono riesumati. Ricomposti dallo stesso abate Beniamino De Rose, furono traslati nel Duomo di Cosenza, ma “quando gli eventi rivoluzionari volsero al peggio”, lo stesso abate De Rose li riportò in una tomba anonima della Chiesa di Sant’ Agostino. Nell’anno 1860, quando Nino Bixio entrò in Cosenza quei resti furono onorati dai garibaldini presenti, i quali li ricondussero nel Duomo.
Infine, nell’anno 1867 ancora una volta fu l’abate De Rose ad accompagnare tali spoglie a Venezia, dove vennero tumulate nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. L’ ottantunenne madre dei fratelli Bandiera, Anna Marsich, fu presente alla cerimonia. D’altronde, Emilio le aveva indirizzato, prima dell’esecuzione, una commuovente lettera:
“Mia cara Mamma,
Sopportate con rassegnazione questa amara prova, questo acerbo dolore. Ricorrete a Dio e statene sicuri che ottenuto il suo perdono noi pregheremo per Voi, e per i cari che Vi circondano e che non voglio nominare perchè la mia predilezione non sia per esse soggetto di persecuzione. Attestate al mondo intero che Nicola Ricciotti non ebbe alcuna parte alla sciagurata determinazione che ci condusse a morte. Giunto appena a Corfù e diretto da tutt’altra parte, cedette ad una amicizia breve di tempo, ma veemente d’affetto; invitato da noi, con noi volle dividere gloria e pericolo. Beneditelo, miei cari, perché i vostri figli saran morti nelle sue braccia, col solo dolore, ripeto, di avergli domandata una tanto triste fratellanza. L’ultima prova che vi addrizziamo si è di far risonare più che sia possibile questa solenne verità”.
Bibliografia:
Gabriele Petrone- La Calabria che fece l’Italia- Jonia Editrice, 2009
Adriano Sconocchia- I grandi personaggi del Risorgimento- Newton Compton Editori, 2019.