Non vi è accordo tra gli storici riguardo alla definizione da attribuire al Vicus Palatius dell’Antica Cales.Tale disaccordo concerne sia la sua esatta locazione, urbana o extraurbana, e conseguentemente se fosse un borgo, un sobborgo di Cales, oppure un importante viario o ancora semplicemente un rione, una via della stessa città. Secondo lo storico ed archeologo Giuseppe Guadagno, che fa riferimento ad una fonte medievale, “in vico qui palaczu dicitur” ci conduce alla conclusione che si trattasse di una zona extraurbana localizzata ad ovest dell’agro caleno. Le ricerche di Giuseppe Novi portano alla conclusione che Vicus Palatius fosse un vero e proprio sobborgo sito ad ovest di Cales. Lo stesso archeologo aveva rinvenuto, nel corso degli scavi della metà dell’Ottocento, una bella lastra marmorea di cm. 80×60, recante un’iscrizione secondo la quale L. Aufellio Rufo, centurione capo della famosa legione Claudia Pia Fidelis, con gli incarichi anche di quatuorviro quinquennale e flamine del divo Augusto, dicesi patrono del municipio in cui era presente un Vicus Palatius (L.Aufellio Rufo primipilo legionis Septimae Claudiae Piae Fidelis, quatorviro quinquennali, flamini divi Augusti, patrono municipii Vicus Palatius). Secondo il Novi, tale iscrizione rivelava l’esistenza di un florido borgo di Cales, il Vicus Palatius. L’entusiasmo del Novi fu anche condizionato dal rinvenimento in situ di tante importanti e rilevanti testimonianze archeologiche dell’Antica Cales, tra cui “un Bacco di marmo avente grandezza maggiore del vero, una gamba ed una testa di statua gigantesca, un capo di cavallo di meraviglioso lavoro, ed un guerriero atterrato, un alto rilievo con figura consolare, nel quale non si sa se più ammirare la perfezione delle parti o la morbidezza dei panneggi”. L’archeologo rinvenne, inoltre, molte nicchie, avanzi di affreschi con testi di Baccanti e una bellissima Pallade di terracotta, di circa un palmo di altezza, avente la gorgone sul petto ed “in sullo scudo la testa di un gigante, che ben potrebbe essere quella dell’ucciso Pallante”. Tra i rinvenimenti rivide la luce anche una testa di marmo di forme gigantesche, probabile ritratto dello stesso L. Aufellio Rufo, patrono del Municipio, oppure dell’imperatore Claudio, da cui aveva preso il nome la legione di cui Rufo era “primifilo”. Giuseppe Carcaiso e altri storici, invece, trovano nella convinzione del Novi un entusiasmo esagerato e fuorviante, in quanto tale Vicus Palatius non deve necessariamente condurci alla tesi del sobborgo ad ovest di Cales, ma inteso, anche facendo riferimento alla stessa iscrizione, quale via o di un rione della città di Cales. “Tale ipotesi – sostiene Carcaiso – è d’altronde confortata da alcuni riferimenti propri dello stesso Novi a riguardo di un’importante impianto termale e ad una sorgente d’acqua leggermente minerale che, come è noto, si trovano ancora lungo l’attuale via Forma, cioè a dire nell’ambito dell’antica area urbana di Cales”. Carcaiso, inoltre, attribuisce l’errore del Novi ad una sua scarsa conoscenza del vero perimetro dell’Antica Cales alla metà dell’Ottocento, allorché gli archeologi erano decisamente più interessati al ritrovamento di importanti reperti che emergevano dagli scavi per arricchire collezioni pubbliche, ma soprattutto private. Anche l’archeologo Stanislao Raffaele Femiano si è interessato alla questione in “Linee di storia, topografia e urbanistica dell’Antica Cales”, pervenendo alla conclusione che, pur acquistando suggestione l’ipotesi dello storico tedesco Karlus Julius Beloch in “Campanien”, il quale identifica Pignataro Maggiore col Vicus Palatius, le epigrafi rinvenute dal Novi si rifeririscono a Cales e non all’attuale territorio di Pignataro Maggiore. Bibliografia: Tesse Dieder Stek – Cult Places and Cultural Change in Republican Italy: A Contextual Approach -1994 Giuseppe Carcaiso – Storia dell’Antica Cales – 1980 Stanislao Raffaele Femiano “Linee di storia, topografia e urbanistica dell’Antica Cales”, Maddaloni 1988 |