
Quando descrive l’esordio della congiura contro Cesare, Plutarco evidenzia come “ Bruto poteva disporre a suo piacimento della potenza di Cesare, ma l’eteria, l’associazione segreta di Cassio, lo tirava dalla propria parte e impiegava tutti i modi per allontanare Bruto da Cesare”.
Gaio Cassio Longino non si faceva ancora avanti direttamente, ma si serviva dei componenti di quell’ “eteria”, a cui fa riferimento Plutarco. Cassio aveva deciso di puntare tutto su Bruto, il nipote di Catone Uticense, considerato “ il pezzo migliore” della congiura. L’espressione “ eteria” è impiegata anche da Appiano, in quanto organizzazione attiva e ben strutturata, facente capo a Cassio il quale preparava da tempo la congiura contro Cesare.
Cassio si mostra in grado anche di conoscere chi copriva la città di scritte miranti ad “eccitare” Bruto. Secondo Plutarco, infatti, Cassio aveva rivolto a Bruto l’imbarazzante e provocatoria domanda: “credi che siano dei tessitori o dei bettolieri a coprire ogni giorno il tuo tribunale di scritte anziché i più illustri e potenti uomini di Roma, che da te attendono l’abolizione della tirannide?”
In effetti, Marco Giunio Bruto diventava, a causa dell’’intuito e dell’ ostinazione di Cassio, il congiurato decisivo da coinvolgere. Bruto si era schierato con Pompeo, ma era un prediletto di Cesare, che aveva ordinato ai suoi ufficiali di risparmiarlo a Farsalo. Inoltre, nel 44 rivestiva l’incarico di pretore e Cesare lo aveva preferito a Cassio. Bruto non poteva definirsi un “ cesariano”, ma era considerato dall’ “eteria” di Cassio colui che avrebbe ben armonizzato le due anime della congiura.
Come riporta ancora Plutarco lo stesso “Decimo Bruto Albino, che godeva della fiducia di Cesare, accettò senza dubbi di partecipare alla congiura contro Cesare in ragione della presenza di Marco Giunio Bruto.” Infatti, Decimo Giunio Bruto Albino, console designato per il 42, entrò nella congiura contro Cesare allorché venne a conoscenza del coinvolgimento decisivo di Marco Giunio Bruto.
La congiura, che culminò nell’uccisione di Giulio Cesare il quindici marzo del 44 a. C., doveva armonizzare la partecipazione sia di componenti e simpatizzanti del partito “pompeiano” che di “cesariani” dichiarati, quali erano il console designato Decimo Giunio Bruto Albino, Gaio Trebonio e altri fedeli “cesariani”.
Pertanto potrebbe stupire il fatto che tra i ” cesaricidi” compaiono i nomi di coloro che dovevano la propria fortuna proprio a Cesare e dunque a maggior ragione avrebbero dovuto essergli riconoscenti. Tuttavia, tali “cesariani” si erano mostrati pronti ad unirsi ai “pompeiani” contro Cesare, sollecitati da Cassio, ma solo a patto che fosse Bruto a capeggiare l’azione. Come scrive Luciano Canfora “solo in tal modo le due anime della congiura, quella rimasta pompeiana e la parte cesariana, divenuta sempre più ostile al dittatore, si coalizzano e stanno insieme, nonostante le differenti matrici. Bruto è sentito come la figura che garantisce entrambi, ma soprattutto rassicura quelli che si accingono a tradire Cesare”.
L’immagine che si ricava chiaramente dalla prima parte della “Vita di Bruto” di Plutarco, soprattutto dai capitoli VIII e XVII, è che Cassio capeggia un gruppo “ pompeiano” combattivo ma non in grado di conquistare un seguito. E’ con l’apertura a Bruto che la congiura dell’”eteria” di Cassio prende consistenza e si salda con la strisciante congiura “ cesariana”.
Nei momenti decisivi ci fu chi propose di coinvolgere Marco Antonio, ma Trebonio si oppose, ricordando che in Spagna non aveva accettato, anche se lealmente non aveva denunciato nessuno. Altri, facendo riferimento propriamente alla vicenda spagnola, traevano le conclusione che bisognava assassinare anche Antonio, e dalla “Vita di Bruto” di Plutarco si conosce che era stato Cassio a caldeggiare tale idea, ma Bruto si oppose.
Dunque, Cassio, nonostante non avesse più rapporti con Bruto, dato che Cesare aveva preferito proprio Bruto nella carica della pretura urbana, si era reso conto che la sua “ eteria” da sola non aveva possibilità di successo nella congiura. Conseguentemente la sua abilità era consistita a quel punto nel sapersi porre in subordine rispetto al “leader” ben più largamente accettato, ossia Bruto, pur serbando un suo nucleo di fedelissimi. Al riguardo Luciano Canfora sottolinea che “Cicerone, che pure fu tenuto fuori dalle fasi operative, ma che probabilmente sapeva e che perciò non venne in senato il 15 marzo, è stato, prima e dopo l’attentato, più vicino a Cassio che a Bruto”.
In effetti non solo Cicerone probabilmente sapeva, ma dalla cerchia di Bruto erano trapelate notizie della congiura a tal punto che un greco, Artemidoro di Cnido aveva provato, durante quella convulsa giornata del 15 marzo 44 a.C., a porre in atto un tentativo di salvare Cesare.
Bibliografia:
Luciano Canfora- Cesare, il dittatore democratico- Laterza, 2006. Cap. XXXIV “La “eteria” di Cassio e l’arruolamento di Bruto” e cap. XXXV “ Realismo di un congiurato: Cassio si mette in seconda fila”
