
Il 15 novembre, alle ore 17.30, la Piccola Libreria 80mq di Calvi Risorta, nel riprendere i suoi eventi culturali, presenterà online, diretta FB, il libro di Carmine Pinto “ La guerra per il Mezzogiorno”- Italiani, borbonici e briganti- 1860-1870”, edito dalla Casa Editrice Laterza. Oltre allo storico e autore del libro interverranno Armando Pepe, studioso di storia moderna e contemporanea e Daniele Santarelli, professore di storia moderna
Il recente corposo testo di Carmine Pinto “ La guerra per il Mezzogiorno”- Italiani, borbonici e briganti- 1860-1870”, edito dalla Casa Editrice Laterza, costituisce un contributo rilevante per comprendere il brigantaggio postunitario nella sua complessità e inserito nel più ampio contesto di un lungo percorso risorgimentale. Tale opera si pregia di una solida e seria ricerca storica e un lavoro di consulto di una quantità consistente di archivi. Nelle pagine introduttive l’autore dedica una necessaria e documentata disamina a quella che fu la “ rivoluzione italiana”, ai suoi protagonisti, che pur con idee diverse e a volte antitetiche, avevano l’ obiettivo primario e comune del compimento dell’Unità d’Italia.
Il brigantaggio postunitario è pertanto “esplorato” con lucida originalità nel contesto più vasto delle vicende che portarono alla affermazione dello Stato unitario. L’autore apporta una documentazione rigorosa mirata alla comprensione, senza alcun pregiudizio, degli obiettivi delle varie bande armate di briganti le quali, nell’arco temporale di un decennio, dal 1860 al 1870, non ebbero comunque una coscienza di classe con l’intento di porre in atto una rivoluzione sociale intese e intende veicolare per delegittimare il Risorgimento. E’ merito dell’autore non porsi quale oppositore di altre “letture” romantiche del brigantaggio, ma di mostrarsi propositivo con la serietà e la rigorosità dello storico vero, che, invece, si mostra attento alla ricerca puntuale della documentazione e delle fonti archivistiche. Tali bande erano per lo più sovvenzionate dai notabili legittimisti italiani ed europei, formatosi in veri Comitati, che, da esili dorati, reclutavano ex criminali e contadini con una strategia che era stata messa in atto già mesi prima che si compisse il processo unitario. Tali Comitati seppero mobilitarsi tramite una rilevante stampa di libri, giornali, opuscoli e manifesti per propagandare le ragioni del legittimismo.
Il brigantaggio, che era una presenza permanente e una questione annosa, fu inglobato in tale “ guerra per il Mezzogiorno”, ossia una guerra irregolare tra due concezioni e visioni alternative, quella della “nazione napoletana”, interpretata dai legittimisti borbonici, e quella della “ nazione italiana”, che non poteva fare a meno del Mezzogiorno per il compiersi definitivo dell’Unità. Il brigantaggio postunitario, che era una forma permanente della storia meridionale e di tante realtà rurali, assumeva conseguentemente un colore politico, come era avvenuto in altri momenti della storia napoletana.
L ’autore comunica, altresì, come successivamente i più furbeschi capibanda, che erano stati reclutati per la restaurazione della monarchia borbonica, riuscirono a rendersi in qualche modo autonomi dagli stessi Comitati controrivoluzionari. Di tale furbizia è esemplificativo l’atteggiamento scaltro, spavaldo e disinvolto di Carmine Crocco, colui che è assurto a simbolo del mito del brigantaggio postunitario. E’ lui stesso che riferisce la sua strategia di “ arruolare” gli uomini della sua banda, rivelando di promettere “ tutto a tutti” con una spregiudicatezza tale da provocare duri e burrascosi dissensi con lo stesso generale legittimista Borjes. Altri capibanda noti si mostravano, invece, spontanei e diretti nel confessare apertamente il loro intento “ politico” di restaurazione della dinastia borbonica in esilio, con cui avevano indiscussi rapporti.
Emerge nel testo anche la passione con cui l’autore comunica la maniera in cui fu percepito da alcuni militari italiani il contesto in cui si trovavano ad adempire il loro dovere, scrivendo ai loro familiari. A tal riguardo, dalla corrispondenza di tali militari italiani, indirizzata ai loro parenti, si evince che furono proprio alcuni militari italiani a far chiaramente riferimento alle dure condizioni delle plebi e alle angherie che essi subivano, come anche gli atavici conflitti presenti in tali comunità. “Queste visioni determinarono percezioni e relazioni controverse”- scrive testualmente l’autore in relazione alla parte completa e originale dedicata all’ “universo dei combattenti italiani”.
Il libro consta di circa 500 pagine, che si mostrano necessarie per comunicare come tale “ guerra per il Mezzogiorno mobilitò per un decennio re e generali, politici e vescovi, soldati e briganti, intellettuali e artisti di tutta la penisola e d’Europa”. Un’ opera che è stata definita pregevole anche per la scrittura scorrevole e che si pone come lettura necessaria non solo per comprendere il brigantaggio postunitario, ma anche per rilevare la complessità del processo di unificazione nazionale in Italia.