ll tradimento dell’accordo di resa da parte dei patrioti repubblicani del 1799, sottoscritto dal Comandante di Castel dell’ Ovo Enrico Michele L’ Aurora, fu considerato un “eterno disonore” per i Borbone in tutta Europa, anche dalle potenze che avevano riportato i Borbone sul trono, persino nella oscurantista Russia zarista. Fu, tuttavia, in Inghilterra che l’atteggiamento vile di Oratio Nelson, nel sottostare ai voleri dei Borbone provocò reazioni a dir poco imbarazzate, considerando altresì che i Borbone ricompensarono il comandante inglese con tanto oro e con l’assegnazione della Ducea di Bronte. I più benevoli trai i biografi dell’ammiraglio Nelson ammettono almeno che a Napoli Nelson si comportò “in contraddizione con il suo carattere e la sua formazione”, mentre uno dei suoi primi biografi, lo scrittore e storico Robert Souhtey, riconosce che nelle vicende della Repubblica Napoletane del 1799 il comandante inglese si era reso responsabile non solo di “una deplorevole operazione che aveva segnato con una macchia non solo la memoria stessa di Nelson, ma costituiva altresì un episodio che ledeva lo stesso “onore dell’Inghilterra”. Tali giudizi rispecchiano il giudizio di Vincenzo Cuoco rivolto ai Borbone a tal riguardo: “La prima caratteristica degli uomini vili è quella di mostrarsi superiori al giusto e di voler dare per capriccio ciò che debbono per legge: così sotto l’aspetto del capriccio nascondono la viltà.
Se tali furono le reazioni di tanti intellettuali in tutta Europa, come ben riassunto dal Cuoco, si consideri come visse il tradimento Enrico Michele L’ Aurora che aveva sottoscritto l’accordo della capitolazione. Se qualcuno avesse avvisato i patrioti repubblicani che l’accordo era subordinato alla decisione del re, difficilmente avrebbero abbandonato le loro postazioni in Castel dell’Ovo e, sicuramente, avrebbero combattuto fino alla fine da eroi qual erano. Quindi, dopo la mattanza dei migliori uomini della Repubblica Napoletana, dei migliori uomini e donne di Napoli, Enrico Michele L’ Aurora, che pur non fu tra i martiri, visse tutto il suo tormento di cui ci rimane una testimonianza in una lettera indirizzata il 14 settembre 1801 al cittadino Tordorò, ministro della Guerra della ricostituita Repubblica Cisalpina:
“Dopo la partenza dell’Armata francese dal territorio napolitano, rimasi a combattere contro li coalizzati, li insorgenti e li assassini di ogni specie: il governo della Repubblica napoletano mi nominò comandante del Castello dell’uovo, per la difesa dell’assedio; fui attaccato da 19 bastimenti di guerra inglesi per mare, e da tre batterie moscovite dalla parte della terra”: dopo un combattimento di 13 giorni e notti continue, dopo aver respinto tre assalti, ridotto il Castello in un mucchio di pietre e di rovine; dopo aver perduto tre quarti della guarnigione, ricevuto sei ferite, ed un braccio storpiato, feci la più onorevole delle capitolazioni di questa guerra: essa fu sottoscritta e garantita da tutte le potenze, indi crudelmente violata, li uomini più illustri suppliziati. Fui condotto dall’ammiraglio Nelson, il quale, dopo avermi fatto i più grandi elogi sulla difesa che io avea fato, mi dice che fra tre giorni mi avrebbe fatto condurre a Tolone, e mi indennizzerebbe i miei equipaggi saccheggiati. Io gli risposi che la capitolazione dicea ch’io sarei condotto a Tolone unitamente al governo, ministri, generali, e tutti quei che aveano servito la Repubblica, che se ci andava io solo io, sarei un uomo disonorato: entrammo nelle più grandi dispute, finendo per dire a Nelson, che egli mi avea ingannato, che nel violare la capitolazione egli e la sua nazione si copriano di obbrobrio, e la posterità riguarderà il suo nome con orrore, e esacrazione. Nelson, irritato, mi fa condurre nel carcere di criminale, chiudere in un luogo oscuro, incatenato mani e piedi, quasi nudo, soffrendo ogni sorte di privazioni, e di miserie; in tal stato rimasi fino alla battaglia di Marengo; fui condotto in seguito nell’isola deserta di Santo Stefano, e restituito per il trattato di pace dopo ventitré di prigione”.
Quindi si trattò di un tradimento di un trattato di resa, in cui ciò che ha impressionato, turbato le generazioni di allora e quelle future è la condotta di Horatio Nelson, la cui reputazione per la sua decisione a Napoli in quel giugno 1799 è ben delineato nel testo di Barry Unsworth “Losing Nelson” con il protagonista del romanzo, che, adorando estaticamente il comandante Horatio Nelson fino ad identificarsi con lui, vive tutto il tormento di cui si era reso responsabile con il suo comportamento, non riuscendo a dare una pur minima giustificazione al tradimento di un trattato che aveva condotto alla morte le migliori menti della Napoli e del Sud di fine Settecento, i martiri della Repubblica Napoletana del 1799.
Bibliografia:
V. Cuoco, Saggio storico sulla Rivoluzione napoletana del 1799
La lettera al cittadino Tordorò Ministro della Guerra in Archivio di Stato di Milano- Ministero della Guerra, busta 1617
Lauro Rossi- “Enrico Michele L’ Aurora nella Repubblica Napoletana” in Napoli 1799 fra storia e storiografia a cura di Anna Maria Rao- Vivarium- Napoli, 2002