Leggendo il testo di Barry Unsworth “Losing Nelson” si vive tutto il tormento del protagonista del romanzo, che, adorando estaticamente il comandante Horatio Nelson fino ad identificarsi con lui, non riesce a dare una giustificazione al comportamento del suo eroe nel corso degli eventi che lo videro protagonista in negativo a Napoli dopo la sconfitta della Repubblica Napoletana del 1799 e conseguente esecuzione dei rivoluzionari napoletani.
In particolare Charles Cleasby, il protagonista di “Losing Nelson”, si mostra tormentato per le responsabilità del comandante Horatio Nelson. “Non riesce a passarci sopra” pur cercando argomenti di giustificazione a quella brutta storia del mancato rispetto dell’armistizio sottoscritto dallo stesso cardinale Fabrizio Ruffo. Tale mancato rispetto dei patti della capitolazione e resa dei rivoluzionari napoletani, che pur gli vennero trasmessi dal cardinale Fabrizio Ruffo, getta un’ombra funesta e una macchia indelebile su colui che era stato un celebre protagonista della storia della marina britannica.
In relazione al giudizio degli storici, i più benevoli trai i biografi dell’ammiraglio Nelson hanno evidenziato che a Napoli Nelson si comportò “in contraddizione con il suo carattere e la sua formazione”, mentre uno dei suoi primi biografi, lo scrittore e storico Robert Souhtey, autore di ” The life of Nelson“, la cui prima edizione è stata pubblicata nell’anno 1813, riconosce che il comandante inglese si era reso responsabile non solo di “una deplorevole operazione che aveva segnato con una macchia non solo la memoria stessa di Nelson, ma costituiva altresì un episodio che ledeva lo stesso onore dell’Inghilterra”.
Riguardo all’esecuzione per impiccagione dell’ammiraglio napoletano Francesco Caracciolo, Horatio Nelson denotava un atteggiamento di totale sottomissione ai voleri del re e in particolare della regina. D’altronde, Horatio Nelson si era altresì innamorato di Emma Hamilton, intima della regina e moglie del diplomatico William Hamilton.
Dopo essere stato tradito e catturato, per Francesco Caracciolo il destino era segnato. ll 29 giugno del 1799, a bordo del Foudroyant nel golfo di Napoli, Horatio Nelson indirizzava le seguenti volontà al capitano conte Giuseppe de Thurn, comandante la fregata “ Minerva”: “Voi siete richiesto, ed in virtù della presente vi si comanda, di riunire cinque de’ più antichi uffiziali che si trovano sotto il vostro comando, ritenendone voi la presidenza, ed informarvi per conoscere se il delitto, di cui il detto Caracciolo è accusato, può essere provato; e se risulta colpevole, dovete indirizzarvi a me per sapere quale pensa deve subire.”
Quindi Nelson chiarisce che bisogna “indirizzarsi a lui “per la determinazione della pena che avrebbe dovuto subire il Comandante Francesco Caracciolo. Nelson non partecipava al processo, ma chiaramente faceva intendere che la pena era di sua competenza, calpestando ogni elementare principio non solo di carattere giuridico ma etico.
Il già citato Robert Southey scrive, a proposito del processo – farsa al principe Caracciolo: “Anche in questo caso uno storico obiettivo è chiamato a pronunciare una severa e assoluta condanna della condotta di Nelson. Con quale autorità si arrogava il diritto di processare il principe Caracciolo e perché un processo talmente precipitoso? Perché non consentire all’imputato di avere tempi e modi di procurarsi testimoni? Perché rifiutate un secondo processo, essondo noto l’astio del presidente della Corte nei confronti del prigioniero? Perché un’esecuzione così rapida da non permettere una richiesta di grazia? L’ ammiraglio Nelson sembrava agire preso da un rigido senso di giustizia, ma per tutti era ovvio che fosse influenzato da un’infatuazione distruttiva, da una passione rovinosa che ha distrutto la sua felicità domestica, e in tal caso ha macchiato indelebilmente la sua pubblica persona.”
Tra i primi biografi di Nelson annoveriamo anche J. S. Clarke e J. McArthur, i quali evidenziano che la decisione dell’ammiraglio Nelson di processare Caracciolo a bordo del proprio Foudroyant era dovuto al timore fondato che, se il processo – farsa a Caracciolo si fosse tenuto su un bastimento napoletano, l’equipaggio si sarebbe ribellato “ tanto Caracciolo era amato da tutta la marina”.
Francesco Caracciolo fu condannato ad una morte per impiccagione perché si era deciso in tal senso, ma fu giudicato da un consiglio di guerra improvvisato che doveva far riferimento all’ammiraglio Nelson per conoscere quale pena dovesse subire.
Il giorno 27 giugno 1799 in una lettera inviata al re, William Hamilton aveva già esplicitato la condanna di morte che Caracciolo doveva subire. In relazione alla sorte riservata all ’ammiraglio Francesco Caracciolo, già due giorni prima della cattura, del processo – farsa e dell’impiccagione, Hamilton si esprimeva in tal modo: “Caracciolo sarà probabilmente impiccato all’albero del trinchetto della Minerva, dove rimarrà esposto all’alba fino al tramontar del sole.”
Il 29 giugno 1799 Francesco Caracciolo, quale ultima volontà, chiese invano che fosse fucilato invece di essere impiccato, come aveva già preannunciato due giorni prima del processo Lord Hamilton, “all’albero dei trinchetto della Minerva”.
A dimostrazione dell’accanimento con cui Horatio Nelson aveva esaudito le volontà dei re e della regina, i quali si erano serviti dei torbidi rapporti intrecciatisi tra gli Hamilton e Nelson, illuminante è una missiva dello stesso diplomatico inglese William Hamilton al re: “ Mio caro Signore, ho appena il tempo d’aggiungere alla lettera di Lord Nelson che Caracciolo è stato condannato dalla maggioranza della corte marziale, e Lord Nelson ha ordinato che l’esecuzione della sentenza avesse luogo oggi alle cinque dopo mezzogiorno all’antenna dell’albero del trinchetto della Minerva e che il suo corpo fosse poi immerso in mare.Thurn ha fatto osservare che si soleva accordare ai condannati ventiquattro ore per provvedere alla loro anima; ma gli ordini di Lord Nelson sono stati mantenuti, sebbene io avessi appoggiato l’opinione di Thurn”
Lo storico italiano Pietro Colletta sostiene che dopo la cattura di Caracciolo, “al giorno stesso e sul proprio vascello (Nelson) adunò corte marziale di uffiziali napoletani e ne fece a capo il conte di Thurn, perché primo in grado[…]quel senato condannò l’infelice Caracciolo a perpetua prigionia, ma Nelson, saputo dal presidente Thurn la sentenza, replicò la morte. E morte fu scritto dove leggevasi prigionia.”
Recentemente lo storico Jonathan North, nel trattare tutti i vari momenti del trattato di capitolazione, dell’armistizio e della grave violazione di tale atto nel suo saggio ” Nelson at Naples”, segnatamente nel capitolo “ The Controversy”, rimarca che “l’Europa ne rimase scandalizzata”.