
Mentre tanti intellettuali italiani del periodo fascista prendevano posizione a favore delle leggi razziali del 1938, rendendosi altresì quale avanguardia di una decisa propaganda, si levava il coraggioso dissenso di Benedetto Croce, che non ebbe esitazioni a promuovere in Italia una decisa avversione al Manifesto della Razza.
Come è stato giustamente evidenziato, Croce recupera dalle radici dell’umanesimo italiano la sua lotta alle leggi razziali del 1938. Conscio della valenza delle sue parole, data la sua fama quale filosofo, storico, politico liberale e critico letterario, Benedetto Croce si adoperò attivamente con assoluta coerenza.
E’ stato altresì osservato che “ forse poteva fare di più”, ma non si ebbero dissensi attivi a livello intellettuale pari a quello manifestato dal filosofo, il quale pubblicava nel 1938 sulla Critica anche un’epistola di Antonio De Ferrariis detto il Galateo (1444-1517), un umanista salentino poco conosciuto, la quale era incentrata sul tema della tolleranza e degli incomprensibili pregiudizi che si verificavano verso gli ebrei nel Cinquecento. La lettera dell’umanista Antonio De Ferrariis era stata redatta nei primi anni del Cinquecento, in occasione del matrimonio del figlio del conte Belisario Acquaviva con una fanciulla di una famiglia di ebrei convertiti.
Quindi Benedetto Croce, di fronte allo scenario che si profilava nel 1938 in Italia, attingeva anche alla cultura umanistica del Rinascimento. All’epistola cinquecentesca di Antonio De Ferrariis aggiungeva quale prefazione solo una pagina e mezza di riflessioni per ricordare come il popolo napoletano si fosse opposto alla persecuzione degli ebrei e rimarcare come il venir meno della libertà per gli ebrei significava una sconfitta per tutti.
E’ pur vero che al dissenso espresso dal Croce si unì quello di altri intellettuali, esuli in Francia, e di Ernesta Bittanti, vedova di Cesare Battisti, il noto giornalista e patriota trentino, ma, come hanno rilevato Mario Avagliano e Marco Palmieri nel loro lavoro Di pura razza italiana, i casi di Benedetto Croce e di Ernesta Bittanti si mostrarono delle eccezioni in quanto per gli “antifascisti che vivevano in Italia, nella maggior parte dei casi il dissenso verso la politica antiebraica del regime rimaneva confinato nella sfera privata.”
Nel contempo Benedetto Croce accolse l’appello promosso dal rettore dell’Università di Stoccolma, il lberale svedese Gillis Hammar, in favore degli ebrei tedeschi perseguitati, rispondendo con una lettera del 5 agosto 1938, pochi giorni dopo la pubblicazione del Manifesto della Razza, esprimendo “ribrezzo” per quanto aveva messo in atto Hitler, e mostrandosi molto preoccupato che Mussolini avesse conseguentemente seguito il suo alleato.
“Disgraziatamente, ora anche in Italia è stata, a un tratto, iniziata un’azione razzistica e antiebraica, che non si sa ancora quali forme assumerà, ma che voglio augurarmi che non sia per essere duratura. In Italia non vi è stato mai antisemitismo, e l’elemento ebraico cooperò per la sua parte al Risorgimento nazionale”.
La coraggiosa lettera di Benedetto Croce fu pubblicata sul “Palestine Post” e, come era prevedibile, appena la notizia arrivò in Italia, si scatenò nei confronti del filosofo e storico italiano una durissima reazione da parte della stampa di regime, attribuendogli l’appellativo di “giudeo onorario”, o ironicamente di essere un “chassidista”, mettendo all’indice il suo “pietismo”.
Croce continuò senza farsi intimidire e, quando l’atteggiamento antisemita iniziò a degenerare in forme di “atroci delitti”, lo scrisse senza remore, rimarcando che gli ebrei erano “nostri concittadini, nostri compagni, nostri amici, che per l’Italia lavoravano e l’Italia amavano né più né meno di ogni altro di noi”.
Non esitò a dedicare alcune delle sue pubblicazioni a personalità del panorama letterario di religione ebraica. Su La Critica, omaggiò un critico letterario dell’Ottocento, un eroe del Risorgimento quale Tullo Massarani, che manifestò tutta la sua ideale appartenenza ai sogni degli eroi risorgimentali, parlando degli italiani come “ il popolo nostro”.
Inoltre nel 1939 pubblicò la terza edizione di La storia come pensiero e come azione, integrandola con un capitolo in cui dimostrò l’inconsistenza teorica ed etica del concetto di razza.
Con la sua attività cercò di impedire che i testi ebraici fossero banditi dal regime fascista e a tal proposito scrisse una lettera in difesa della casa editrice Laterza refrattaria al volere del regime.
Benedetto Croce si mostrò quale nobile esempio di uomo e di intellettuale, che ebbe il coraggio di esprimere attivamente tutto il suo disaccordo nei confronti del fascismo in un triste momento storico in cui tanti giornalisti, scrittori, scienziati, medici, intellettuali mostravano per esso non solo sostegno, ma anche entusiasmo.
Bibliografia:
Mario Avagliano- Marco Palmieri- Di pura razza italiana- Baldini & Castoldi, 2013
Mirko Grasso- Contro le leggi razziali. Benedetto Croce e la lettera di Antonio De Ferrariis Galateo sugli ebrei- Editore Kurumuny, 2023