L’originaria destinazione della Grotta delle Fornelle di Calvi Vecchia

Nelle antiche strade di Cales vi sono numerose cavità scavate nelle pareti di tufo. Queste nicchie sono i famosi “Fornelli” che hanno dato probabilmente il nome alla grotta. L’originaria destinazione della Grotta delle Fornelle di Calvi Vecchia ha interessato, come l’altra Grotta affrescata dei Santi, la comunità degli studiosi internazionali.

Lo studioso francese Emile Bertaux considera le due grotte di Calvi, quella delle Fornelle e quella dei Santi, come le altre campane, insediamenti monastici. Infatti, in “L’art dans l’Italie méridionale”, opera pubblicata a Parigi nel 1904, in tal modo descrive la Grotta delle Fornelle: “E’ una grotta naturale regolarizzata a colpi di piccone sulla sinistra del rio dei Lanzi a valle del ponte della via Casilina. A piedi, vi si arriva per una strada dal fondo naturale in parte scavata nel tufo, via Ponte delle Monache, il cardo maximus della Cales romana; superata l’autostrada, al primo quadrivio si gira a sinistra per via Forma, l’antico decumanus maximus, in seguito a destra costeggiando il rio dei Lanzi fuori dall’antica cinta muraria. Si può accedere anche dalla via Fornelle, l’antica via Latina, che incontra il cardo maximus poco prima del Ponte delle Monache” Tali insediamenti monastici, i benedettini, secondo il Bertaux, furono destinazione originaria di religiosi provenienti da Cassino.

Amedeo Maiuri ritiene, invece, che fossero stati semplicemente insediamenti realizzati da eremiti. La studiosa Wettestein, oltre a condividere la tesi di Bertaux, quale alternativa ritiene possibile anche l’insediamento di monaci provenienti dall’Oriente.

Nel 1967 anche lo studioso Kalby dedicò una ricerca storica che aveva proprio quale titolo “Le grotte dei Santi e delle Formelle a Calvi”, ritenendo giusta l’origine eremitica di tali grotte. Scrive testualmente Kalby: “Tra le ipotesi formulate occorre innanzitutto rifiutare quella che vede qui delle catacombe o che riporta l’origine a riti pagani nella zona, per accettare invece la più verosimile e normale spiegazione delle cavità naturale adattate in un primo momento da monaci eremiti e poi fatte affrescate dai fedeli”.

In base al suo interesse prettamente architettonico concernente le due grotte, l’architetto italiano Venditti, in uno studio del 1967, ritenendo le grotte affrescate di Cales ambienti semplici, opta per la funzione di semplici oratori. Hans Belting, storico dell’arte tedesco, osserva che la maggior parte dei santi raffigurati nella Grotta dei Santi è di origine latina e non orientale, non prendendo specificamente posizione sulle origini delle formazioni ipogee, ritenendole “oscure”. Lo studioso medievalista italiano Nicola Cilento rilancia la citata tesi del Bertaux. Tuttavia lo studio più recente e nel contempo ampio di Anna Carotti ritiene tali ipotesi di originari insediamenti monastici alquanto improbabile. La Carotti, per confutare le ipotesi di pur eminenti studiosi internazionali, prende in considerazione la notevole altezza delle due grotte, sia quella delle Fornelle che la Grotta dei Santi, e in particolare l’esame degli affreschi della Grotta delle Fornelle, che furono fatti eseguire da laici e non da religiosi. In particolare l’affresco dell’Ascensione fu commissionato dal conte Pandolfo e da sua moglie Gualferada nel XI secolo. A tal riguardo possiamo aggiungere ciò che scrisse Pietro Palumbo, che fu arciprete di Sparanise e di Pignataro Maggiore, appassionato di storia dell’agro caleno: la grotta risale al 1023 circa ed è “di una immensa importanza artistica, storica e teologica per un affresco che va deperendo. Vi è raffigurata infatti l’Ascensione di Gesù al cielo tra angeli e santi..“. Ma più grande è l’importanza teologica a causa di una didascalia che traduciamo dal latino: “Uomini di Galilea, Gesù è stato assunto in cielo; egualmente la genitrice la vedrete andare in cielo. Inoltre la Carotti cita la decorazione della cappella che fu pur essa commissionata da laici, segnatamente da Icmundo e dai suoi familiari. Nello studio del 1974, l’archeologa Carotti fa sua la tesi della Grotta delle Fornelle quale originaria cappella funeraria di signorotti del luogo, successivamente divenuta ambiente di culto e gradualmente arricchita della cappellina con l’altare e di nuovi affreschi. Più specificamente scrive: “Si potrebbe supporre che la Grotta delle Fornelle sia sorta come cappella funeraria di notevole rilievo e poi trasformata in edificio cimiteriale di culto. E’ interessante notare come il taglio ovoidale della volta delle due cripte gemelle, soprattutto della seconda, e la loro forma alta e stretta ricordino in parte la struttura delle tombe medievali”. Quindi, una volta divenuta ambiente di culto, la grotta ha assunto anche la funzione di chiesa del cimitero.
La studiosa cita ancora l’iscrizione presente nell’affresco con storia di Giovanni Battista (PINGERE FECIT VOX Q LEGITIS ORATE EU AT DEU) che ricorda le invocazioni di iscrizioni funerarie paleocristiane. Pertanto lo studio più recente mirato ad una completa analisi strutturale ma soprattutto decorativa della Grotta smentirebbe le varie ipotesi dei citati studiosi internazionali, che hanno ravvisato in essa la funzione di insediamento monastico benedettino. Infine la Carotti, sulla base dello studio di Belting, che ci indica che la Grotta delle Fornelle fosse dedicata a Tutti i Santi, come ci provano sia la parte finale del primo tratto dell’iscrizione della parete destra della cappella (OMIU SANTORU) che la data dell’anniversario della dedicazione dell’altare, primo novembre, aggiunge che non si può non pensare a un collegamento di tale festa di Ognissanti con la celebrazione del ricordo di tutti i defunti, ulteriore elemento a conforto della tesi della funzione cimiteriale della grotta.

Bibliografia:

Costanza Limata – Le grotte sul territorio di Benevento e Caserta – Napoli – 1967

Anna Carotti – Gli affreschi della Grotta delle Fornelle a Calvi Vecchia – Consiglio Nazionale delle Ricerche – Roma – 1974

AAVV – Cales – Dalla città medievale alla città antica – Recenti scavi e nuove acquisizioni a cura di Colonna Passaro – Ministero per i Beni Archeologici di Caserta e Benevento – 2009