Storia del casale di Partignano

Nei testi che Antonio Martone dedica al Cinquecento e al Seicento del casale di Pignataro, non mancano notizie anche  sul casale di Partignano che fino al Decennio francese ( 1806- 1815) fu  autonomo da Pignataro.
In effetti, dopo il ritorno dei Borbone, a Partignano fu ridata l’autonomia, che perse definitivamente con l’Unità Di un “luogo” recante il nome di Partignano, come d’altronde per Pignataro,  si fa per la prima volta  menzione  nell’anno 1126 , come è riportato in una pergamena facente parte della raccolta della dottoressa Jole Mazzoleni che reca il titolo   “ Le Pergamene di Capua” e pubblicato nel 1957.  Per avere ulteriori e più ampie notizie relative al Casale di Partignano bisogna fare un salto di due secoli, allorché il Catasto di Capua e dei suoi Casali degli anni 1539-41 ci comunica che il Casale di Partignano, nel 1541 contava un’ottantina di abitanti con 15 “fuochi”, ossia nuclei familiari. Notizie più rilevanti ci vengono fornite dalla Visita di Mons. Maranta alla chiesa di San Vito nel 1583.
Mons. Fabio Maranta, il 23 aprile del 1583, ossia il giorno dedicato al santo patrono di Pignataro, dove il vescovo aveva allora la sede, visitò anche Partignano, rilevando la presenza di 24 nuclei familiari con 94 residenti, con una media di 4 membri familiari per “ fuoco”. La Santa Visita di Mons. Fabio Maranta ci comunica anche che le rendite della chiesa di San Vito ammontavano a 100 ducati all’anno, maggiore rispetto a Casali più importanti, fra cui lo stesso Casale di Pignataro, e dei Casale di Sparanise e di Camigliano.
A tal riguardo Antonio Martone osserva che ” la parrocchia di Partignano era appetibile e molti preti ne desideravano il possesso”.  La chiesa di San Vito era ubicata ” ictu scoppettae” dal centro abitato, ed  essendo la gittata di un tiro di scoppetta,  per le armi da fuoco portatili, di 150 metri nel 1400, di 180 metri nel 1500 e di 250 nel 1600, conseguentemente la distanza della chiesa dal centro abitato dovesse essere di circa 200 metri. Infine Mons. Maranta rilevava che la chiesa di San Vito era “ curata”, ossia che il parroco si prendeva cura delle anime con la dovuta cura, essendo la chiesa dotata di fonte battesimale, del Santissimo Sacramento dell’Eucarestia dentro un vasetto d’argento, posto dentro un altro vaso di legno dorato all’interno, ornato di una tela di colore rosso, collocato sopra l’altare maggiore, mentre in una finestrella erano conservati gli oli santi.
Il parroco  era nel 1583 don Scipione Macilento, a cui sarebbe succeduto l’anno successivo don Cesare Zuccardo della diocesi di Bisaccia in seguito a libera rinuncia di don Scipione. Per un certo periodo di tempo la parrocchia risultò priva del curato, in quanto don Cesare Zuccardo si dimise senza aver reso pubbliche la propria rinuncia e solo nel 1587 fu nominato nuovo parroco don Fabrizio Santagata del Casale di Camigliano.

Nel prosieguo è  lo “status animarum”  dell’anno 1739  a comunicarci il numero degli abitanti di Partignano in quell’anno: lo status elenca 203 anime, in cui è indicato anche il numero dei morti nell’ordine di 21 persone decedute, per cui il totale dei vivi è di 185 abitanti, che formavano 38 “fuochi”, ossia nuclei familiari. Tra tali abitanti si annoveravano 6 sacerdoti, 6 suore, 7 vedove, 1 vedovo e 3 celibi.
In relazione ai “ fuochi”,  28 nuclei familiari avevano una propria abitazione, mentre i rimanenti 10 nuclei vivevano in casa in affitto. Lo status fornisce anche l’elenco degli affittatori nelle persone di Marc’Antonio Siciliano di Camigliano, Geronima d’ Adduce, Carlo Santagata, suor Livia d’Adduce, Antonia Graziano e Antonia De Filippo.
Dall’elenco si apprende anche che i Casati più presenti erano quelli degli Adduce e Martuccio, seguiti dai Di Feola e dai Formicola e poi ancora dai Santagata, Ferra, D’ambrosio, D’auria, Pratillo e Marcello.
Tra i 6 sacerdoti era rinomato don Giuseppe Ferra, che svolgeva il ruolo di ebdomadario della Cattedrale di Calvi. A Don Giuseppe Ferra fa riferimento anche il vescovo di Calvi Giuseppe Maria Capece Zurlo. Il Ferra era talmente “ esperto nel canto e nel suono che, essendo Oddomadario della Cattedrale di Calvi portava sempre la battuta in rete e sonava l’organo e privatamente dava lezione di canto”  Don Giuseppe Ferra ricopriva il suo ufficio nel capitolo della cattedrale di Calvi per una settimana, e si alternava ad altri; da ciò il significato di “Ebdomadario” della cattedrale calena.

In relazione alla costruzione dell’attuale nuova chiesa del casale di Partignano, l’approvazione della richiesta, da parte del parroco Pasquale Santagata tramite il vescovo,  fu approvata dalla Sacra Congregazione dei Vescovi in Roma il 28 aprile 1876. Ciò non contrasta con la data del 1873 indicata sull’altare, in quanto la sua approvazione era stata già comunicata ” oretenus”, ossia oralmente, al Parroco di Partignano.
Il Casale di Partignano in quegli anni aveva già perso la sua autonomia e faceva parte del comune di Pignataro Maggiore.
Tramite il vescovo, Don Pasquale Santagata faceva ravvisare che la vecchia chiesa era ” posta assai lontano dall’abitato ed in capo a strade pericolose e frequentate dai malfattori, per cui non solo il popolo con difficoltà vi accede, ma il Parroco e la Chiesa hanno sofferto danni a causa dei ladri”.
Il parroco comunicava che avrebbe provveduto a compiere l’opera solo con il concorso della sua ricca famiglia, non chiedendo alcunché al popolo.
Infatti, nella richiesta, inoltrata tramite il vescovo, si fa espressamente riferimento ad un defunto fratello e alla zia di don Pasquale Santagata , i quali ” suddetti defunti” avevano espresso il desiderio di ” reinvestire per la fabbrica della nuova chiesa il residuo delle somme dai medesimi lasciati per messe. Inoltre il parroco garantiva che altri ” sei individui superstiti della sua famiglia sono disposti ad investire per la nuova chiesa buona parte di non piccoli legati di messe disposti nei loro testamenti”.
Don Pasquale Santagata chiedeva solo- come annotava il vescovo- per la sua famiglia il privilegio di poter ” assistere alle sagre funzioni da un finestrone da farsi nel muro della nuova chiesa attiguo al casamento che la sua famiglia possiede”.
Don Pasquale Santagata chiedeva solo- come annotava il vescovo- per la sua famiglia il “privilegio” di poter ” assistere alle sagre funzioni da un finestrone da farsi nel muro della nuova chiesa attiguo al casamento che la sua famiglia possiede”.
Attualmente possiamo anche notare chiaramente, nell’attuale chiesa di San Vito, inciso il nome di Don Pasquale Santagata, che, come ci comunica un altro documento rinvenuto dallo stesso  Antonio Martone,  non riuscì a vedere il compimento dell’opera per la quale si era tanto adoperato.
Si tratta di un manoscritto sulla genealogia della famiglia Santagata, in cui si apprende che il parroco Don Pasquale, nato il 29 marzo 1823, era stato battezzato anche con i nomi di Felice e Salvatore ed aveva anche esercitato la carica di Cancelliere della Curia Vescovile di Calvi.
Il testo, dopo aver riportato il ruolo fondamentale svolto dal parroco per la costruzione della nuova chiesa di San Vito,  riporta che ” il Signore non gli diede consolazione di farcela vedere finita” mentre era prossima il compimento dell’intera chiesa.
All’età di 56 anni, il 3 dicembre 1880, “ quasi repentinamente il Signore lo chiamò a sé e quasi reputò come completa innanzi a sé quell’opera che agli occhi del pubblico rimase non completata, essendo ad altri riservato il piacere di vederla finita. Inscrutabilia sunt consilia Dei”.
Don Pasquale fu sepolto nel cimitero costruito nel giardino del Convento di San Pasquale e successivamente, nel 1923, la sua salma fu traslata nella cappella di famiglia dell’attuale cimitero di Pignataro Maggiore.

Bibliografia:

Jole Mazzoleni- Le pergamene di Capua, 1957

Antonio Martone- Storia di Pignataro in età moderna- Il Cinquecento- Marzo 2009

La Parrocchia di Partignano ( mille anni di vita) Notizie e documenti raccolti da Antonio Martone- Settembre 2010