Pilade Bronzetti, il ” Leonida” di Castel Morrone

Il ricordo di Pilade Bronzetti è stato per anni alquanto oscurato. Fu  Giuseppe Garibaldi nelle sue ‘Memorie’ ad onorare la figura di questo eroe mantovano che versò il suo sangue il 1° ottobre del 1860 a Castel Morrone in Terra di Lavoro, difendendo fino al sacrificio estremo la posizione strategica che gli era stata affidata quale Comandante del 1° Battaglione Bersaglieri. Garibaldi ne ricordò l’eroismo, quando alla testa di circa 300 uomini, pur perdendo la vita, riuscì a sostenere l’urto delle preponderanti forze militari borboniche.

Alessandro Marra, autore di un corposo libro dedicato all’eroe mantovano, ha evidenziato che “le ragioni politiche per una condanna all’oblio di Pilade Bronzetti esistevano ed erano molteplici: il giovane patriota era un ardente garibaldino, non avverso ai principi democratici e, soprattutto, originario di una terra irredente; la sua figura, simbolo del patriottismo tridentino, era stata inoltre, dal movimento irredentista innalzata a prezioso strumento di pressione e di lotte politica, in particolare, dagli anni Ottanta del secolo scorso”.

Comunque, del sacrificio di Pilade Bronzetti al castello di Morrone, ritenuto importante e decisivo, scrissero anche importanti poeti dell’Ottocento e del Novecento tra cui  Giosuè Carducci («Saluto Italico», 1879) e Gabriele D’Annunzio («Ode alla memoria di Narciso e di Pilade Bronzetti», 1900).

Pilade Bronzetti, discendente da una famiglia originaria di Vena di Giovo in provincia di Trento, ebbe i natali in Mantova il 23 novembre del 1832. A soli sedici anni, nel fatidico 1848,  era uno studente del liceo “Virgilio” di Mantova, e con il fratello maggiore Narciso iniziò ad appassionarsi alla lotta per l’indipendenza e per l’Unità, entrambi animati da ideali democratici.

La prima militanza dei fratelli Bronzetti fu nei Bersaglieri di Mantova, città sotto la dominazione asburgica, nelle cui fila avevano militato Nino Bixio e Goffredo Mameli, partecipando in seguito alla difesa della Repubblica Romana. Caduta la Repubblica Romana, i fratelli Bronzetti ripararono in Piemonte, ove, per sopravvivere, svolsero umili mansioni, prima di trovare un lavoro stabile nel 1850 in un’impresa di costruzioni edili. Nel frattempo i rapporti con i vari movimenti insurrezionali non cessarono, dato il loro spirito di uomini amanti della libertà, dell’indipendenza, dell’Unità. Nel 1853 Pilade fu arrestato in seguito al fallito tentativo di insurrezione della Lunigiana.

Dopo sei anni, allo scoppio della seconda guerra d’indipendenza i fratelli furono di nuovo insieme nel corpo dei Cacciatori delle Alpi, con Narciso che aveva ottenuto il grado di capitano e Pilade quello di sottotenente. Narciso trovò la morte a Tieoponti in provincia di Brescia, cadendo valorosamente.

Quando Garibaldi partì con i Mille da Quarto, Pilade Bronzetti volle esserci, lasciando l’esercito sardo. Giunto il 6 luglio del 1860 nel porto di Palermo, fu Garibaldi stesso che lo accolse calorosamente, presentandolo ai Mille che ebbero modo di apprezzarne il  coraggio ed il valore nel sanguinoso scontro di Milazzo del 20 luglio con imprese eroiche testimoniate da Garibaldi  nelle sue “Memorie”.

Il primo ottobre del 1860, come è noto, vi fu lo scontro decisivo  tra S. Angelo in Formis, S.Maria, Maddaloni e Castel Morrone.

Proprio quest’ultimo avamposto fu affidato al battaglione del maggiore Bronzetti, costituito da meno di trecento uomini. Esso fu attaccato da una potente colonna borbonica formata da migliaia di uomini. La difesa si rivelò disperata, ma gli ordini erano quelli di resistere tra i resti del castello “fino all’ultimo soldato” allo scopo di rallentare le preponderanti forze borboniche.

Gli eroici patrioti riuscirono nel loro compito fino all’ultima munizione. La resa si mostrava inevitabile dopo la resistenza in quel castello di Castel Morrone, ma il maggiore Bronzetti fu colpito mentre alzava la bandiera bianca. Solo ferito, ebbe l’ardire di riprendere a combattere fino alla fine.

Giuseppe Garibaldi scrisse nelle Memorie: “Chi sa che il sacrificio dei dugento martiri non fosse la salvazione dell’esercito nostro”, paragonando, inoltre, l’avamposto di Castel Morrone alle Termopili in cui Pilade Bronzetti assurgeva a novello Leonida.

Garibaldi era d’altronde più che consapevole che la resistenza dell’esiguo battaglione di Bronzetti aveva tenuto testa in quelle ore alle forze militari borboniche, decisamente preminenti, rallentandone l’avanzata, e conseguentemente dando modo al contingente comandato da Nino Bixio di organizzarsi e prevalere.

Al riguardo Gaetano Mastrostefano, che ha curato con altri autori una completa biografia del pittore e patriota sessano Luigi Toro, ha rilevato che ” il combattimento volse a favore dei garibaldini grazie anche agli errori del comandante borbonico Von Mechel che, invece di attaccarli con tutto il potenziale a sua disposizione, decise di dividere la sua brigata in due colonne destinandone una ad aggirare le postazioni nemiche passando per Limatola e Castel Morrone“.

Pilade Bronzetti, in virtù del suo sacrificio, fu omaggiato dall’amico patriota e  pittore Luigi Toro, con una  splendida tela: La morte di Pilade Bronzetti a Castemorrone. Tale opera, olio su tela di 400 x 610 cm, fu esposta per la prima volta al pubblico tra il 17 e 18 maggio 1885 nello studio romano dell’autore al n. 33 di Via Margutta, con favorevoli consensi.

Il 29 settembre 2017 lntesa San Paolo, attualmente proprietaria del dipinto, in seguito a restauro ha deciso di concederlo in comodato gratuito alla Reggia di Caserta. E’ esposto negli ambienti della ex Scuola Nazionale Amministrazione adiacente alla Cappella palatina.