L’attualità del pensiero di Francesco Vito

FRANCESCO VITO
Nei tempi recenti in cui economisti, sociologi, quali Zygmunt Bauman, Joseph Stiglitz, si sono confrontati sulle questioni economiche rilevanti, che stanno sempre più conducendo ad un incremento delle disuguaglianze, si mostra necessario  riscoprire e approfondire  la grandezza del pensiero di Francesco Maria Gerardo Vito, nato a Pignataro Maggiore nel 1902 e rettore dell’università cattolica di Milano fino al 1965, tre anni prima della sua morte. Infatti le idee di Francesco Vito  anticipano e si relazionano a tale tematiche di carattere sociale. Rileggendo gli scritti di Francesco Maria Gerardo Vito in relazione alla questione sociale, sembra di leggere un autore che sta “hic et nunc” partecipando al dibattito attuale sui meccanismi dell’economia, in rapporto alla visione economicistica che gradualmente sta trasformando l’uomo stesso in un oggetto di consumo.

E’ noto, infatti, che la crisi finanziaria del 2007 e le sue conseguenze fino ai giorni nostri hanno sollevato una riflessione  sulla necessaria riscoperta di un’etica della economia, e a tal riguardo il pensiero di Francesco  Vito costituisce la premessa per  un’ampia riflessione, quasi profetica, data la sua attualità, sulla dignità di ciascun uomo e in relazione al superamento delle tante ingiustizie sociali. Francesco Vito era un economista cattolico e pertanto non era contrario all’economia di mercato, ma ha avuto il merito di aver previsto come le crisi economiche avrebbero favorito l’affermazione di formazioni monopolistiche, di maldistribuzione del reddito e della ricchezza. Il valore del pensiero economico di Francesco Vito era incentrato su una concezione dell’economia che non poteva non fare a meno dell’etica, nel senso che per essere un buon economista non era possibile privarsi di quei primari valori che ponevano la dignità della persona umana al di sopra di tutto.   Nella prefazione alla quinta edizione di “Economia al servizio dell’uomo” Francesco Vito scriveva : “Si è dimostrato ormai illusorio il tentativo di costruire una scienza economica neutrale rispetto alla concezione della società. Una qualsiasi maniera di intendere il fine del vivere civile finisce per entrare , sia pure surrettiziamente, nella costruzione scientifica di ogni disciplina avente ad oggetto l’operare umano” Anche le parole con cui terminava la stessa prefazione sono di un’attualità sorprendente: “Procedimento corretto e fecondo è di stabilire preliminarmente con la dovuta chiarezza la nozione del fine sociale in funzione del quale va considerata l’economia”.
Francesco Vito era, dunque,  diretto nel sostenere che l’economia non era affatto da considerare un valore assoluto, a cui subordinare gli altri, ma essa costituiva solo uno strumento, pur privilegiato, per tutelare la dignità umana e garantire primariamente la giustizia sociale. Il soffermarsi sul rapporto inscindibile tra economia ed etica mise a confronto  le posizioni del Vito con quelle di J. Stuart Mill, Maffeo Pantaleoni, e Vilfredo Pareto, per cui le sue idee acquistarono grande valore e rispetto nel dibattito della scienza economica internazionale dagli 30 agli anni 60 del Novecento. Fin dal 1936 Vito superava la posizione dominante nel pensiero economico del tempo che identificava la scientificità dell’economia con la neutralità nei confronti dei giudizi etici. Consapevole che le sue opere avessero un necessario carattere tecnicistico, Francesco Vito, nei corsi che teneva, riuscì a rendere più accessibile il suo messaggio comunicativo. A tal proposito tornano molto significative la parole con cui Vito concludeva la prolusione al corso di economia corporativa nella Facoltà di Scienze politiche, economiche e commerciale dell’Università cattolica del Sacro Cuore il 5 marzo 1936: “Quando io penso a tutto il bene che della nostra scienza si può fare all’umanità sofferente nell’indigenza e anelante ad una più alta giustizia sociale, io ringrazio Iddio di avermi fatto diventare economista e di avermi dato di professare la mia disciplina in questo ateneo, tra le cui funzioni non ultima è di contribuire , con l’elaborazione scientifica e l’ illustrazione delle verità eterne della fede, al trionfo della giustizia nella società” . Quindi, allo  stesso modo con cui grandi economisti internazionali oggi denunciano le dure leggi dell’economia di mercato, invitando a non innalzare bandiera bianca di fronte al dominio della logica del profitto, che calpesta l’Uomo, la sua dignità e la sua ansia di giustizia sociale, allo stesso modo Francesco Vito invitava a non arrendersi alla concezione materialistica di un’economia solamente schiava del profitto e non già strumento per conseguire la giustizia sociale e da mettere quindi al servizio dell’ Uomo. Vito considerava l’etica e la giustizia come i requisiti primi, e trasmetteva il suo pensiero in maniera appassionata, allo stesso modo della ricerca della verità nei sistemi di pensiero. Il nostro economista seppe, quindi, porsi in rivalità con la scienza economica del suo tempo criticando una disciplina al servizio del liberismo, del capitalismo senza etica, a cui si oppose con la forza delle sue idee, ritrovando conferma nelle grandi encicliche della Chiesa a cui offrì un notevole contributo di analisi critica in merito alle disuguaglianze fino 1967, un anno prima della sua morte. La questione sociale per Francesco Vito è parte integrante del messaggio cristiano in cui la difesa della persona umana diventa il caposaldo della dottrina sociale cattolica.
Il cristiano- sottolinea l’economista Vito- non può essere un uomo lontano dal mondo, chiuso nell’utilitarismo dei propri interessi, ma una persona che è tenuta a vivere e partecipare “ai problemi del mondo in cui vive apportando attivamente il suo contributo e la sua testimonianza”
In merito alle encicliche, quando nel  giro di pochissimi anni ci fu un  susseguirsi di tre encicliche papali (Mater et Magistra, Pacem in Terris e Populorum Progressio)  Francesco Maria Gerardo Vito fu il curatore di  ben quattro saggi su tali encicliche, nonché protagonista di importanti convegni in Italia e all’estero sul contenuto delle encicliche. In particolare, Vito intravedeva una linea di continuità tra ciò che rappresentò l’Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII nell’ affrontare la «questione operaia» nel secolo XIX con l’Enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII per la nuova «questione sociale» del secolo XX, che conserva non poco della sua attualità nel presente mondo globalizzato.
Infatti la questione operaia sollevata da Leone XIII evidenziava- scrive testualmente l’economista cattolico- come “ ingentissime ricchezze s’accumulavano nelle mani di pochi e le classi lavoratrici venivano a trovarsi in condizioni di crescente disagio: salari insufficienti o di fame, logoranti le condizioni di lavoro e senza alcun riguardo alla sanità fisica, al costume morale e alla fede religiosa. Inumani soprattutto le condizioni di lavoro a cui spesso erano sottoposti i fanciulli e le donne “. La Mater et Magistra, a distanza di anni, prendeva atto dello “ spettacolo smisuratamente triste di numerosissimi lavoratori di molti paesi e di interi continenti, ai quali viene corrisposto un salario che costringe essi stessi e le loro famiglie a condizioni di vita infra-umane. “  
Francesco Maria Vito si dedicò fino al 1968, anno della sua morte, ad un appassionato studio che lo condusse a scrivere tanti testi e articoli per testimoniare che si mostrava necessario rimarcare  la necessità di un’economia al servizio dell’uomo.  

Bibliografia:
Francesco Vito La Mater et Magistra e la questione sociale oggi- Vita e Pensiero- Milano, 1961
Francesco Vito – L’economia di mercato , le sue deficienze e i suoi correttivi secondo la dottrina sociale cattolica -1967
S. Lombardini – Economia ed etica . Dall’indifferenza alla ricerca di nuovi rapporti- 1993
Daniela Parisi- Francesco Vito. Attualità di un economista politico- Vita e Pensiero, 2003