Cales alla vigilia delle invasioni barbariche

Per Cales, come per tanti altre municipi della Campania, la decadenza iniziò nella seconda metà del III secolo, ma fu graduale in quanto in tale periodo vi furono solo le avvisaglie di ciò che sarà un progressivo sfaldamento, collegato alle sorti di Roma. Cales aveva vissuto la sua epoca d’oro dal 250 a.C. alla metà del secondo secolo d.C. con gli incarichi pubblici che erano molto ambiti dalla borghesia calena per una questione di prestigio, per quello che veniva considerato un “ cursus honorum” al fine di poter accedere ad incarichi nella stessa Roma. Quindi le cariche pubbliche erano del tutto onorifiche e i magistrati locali facevano a gara nel finanziare loro stessi, con il loro denaro, la costruzione di opere pubbliche più o meno imponenti, come anche l’allestimento di grandi spettacoli per rivestivano un ruolo importante nella vita ludens dell’Antica Cales romana.

Tale periodo d’oro iniziò a declinare dalla metà del secolo secondo dopo Cristo e già alla fine di tale secolo, dato che le risorse finanziarie si rivelavano sempre più esigue, non si trovarono gradualmente decurioni e magistrati, pur molto ricchi, disponibili a presentarsi quali candidati alle cariche pubbliche. Pur in maniera graduale, l’amministrazione pubblica diventò una sorta di cooptazione e per l’antica Cales romana iniziava il lento ma inesorabile declino. Alla progressiva decadenza dell’antica Cales contribuì anche l’apertura della Domitiana nel 95 d.C, che, collegando l’Appia con Sinuessa e con i centri del litorale flegreo, danneggiò inevitabilmente Cales, come Capua e Teano. Terminava così anche quello spirito civico, che nel periodo d’oro, faceva sì che decurioni e magistrati gareggiassero nel costruire “sua pecunia” splendidi edifici pubblici ed attrattive che costituivano un altro vanto dell’antica Cales romana. Tale fuga progressiva dalle cariche pubbliche fu contrastato dal governo centrale, ma ormai era iniziato la formazione del grosso latifondo, che contribuirà al declino dell’economia calena. Infatti la riconversione della tradizionali colture, che avevano reso celebre Cales, a favore delle produzioni di carattere estensivo, in primis quello cerealicolo, fu un colpo rilevante per l’economia calena, basata essenzialmente sulle attività agricole ed artigianali, e sulla celeberrima coltura vitivinicola. Gradualmente, dopo la fine della produzione delle ceramiche a rilievo nel II secolo, anche la produzione di ceramica ex voto aveva subìto un progressivo declino per l’affermarsi del cristianesimo.

Una situazione di decadenza si andò delineando fino alla fine del IV secolo allorché innumerevoli appezzamenti di terreno furono progressivamente abbandonati e l’ager calenus diventò un “ager deserti”. Tuttavia la presenza a Cales in tale periodo degli importanti ruoli di defensor, di comes, di curatores, di executores e dei praeposti pagorum durante il periodo basso- imperiale ci comunica una città ancora viva, come testimoniano anche le iscrizioni calene del Mommsen, ritrovate nel perimetro urbano dell’antica Cales e nelle sue immediate adiacenze, databili tra il 342 e il 542. Inoltre nei pressi dell’antica basilica di San Casto troviamo epigrafi databili verso la seconda metà del V secolo. Interessantissima quella che ci fa conoscere un “ Giusto”, vescovo di Cales dal 488 al 492. La presenza certa di Vescovi a Cales in tale periodo si rivela importantissima, dato che i vescovi erano nominati solo nei grossi centri abitati ed esercitavano la loro funzione esclusivamente ove vi era una consistente comunità di fedeli. La conferma ci è fornita dai luoghi di culto paleocristiani, che costituiscono un’attestazione di vita a Cales proprio in quel periodo che va dal crollo dell’impero romano alle oscuri radici del Medioevo con le invasioni barbariche, il cui incalzare portò all’abbandono completo di Cales.

All’approssimarsi delle invasioni dei barbari, si verificò che i ricchi poterono trovare una nuova realtà di vita in altre regioni, mentre per i poveri il rifugio più sicuro era offerto dal Monte Maggiore e sulle colline circostanti. Chi preferì restare si arroccò tra l’anfiteatro e la vecchia acropoli, tenendosi lontani dalla parte bassa della città, attraversata dalla via Latina. Pur essendo Cales munita di una poderosa cinta muraria fin dall’epoca pre-romana,  la pax romana dell’età imperiale aveva allontanato il pensiero di una manutenzione che non era ritenuta necessaria, data la presenza delle legioni romane e di una pax che era considerata duratura e perenne, e che non si rivelò tale.

Bibliografia:

Giuseppe Carcaiso – Storia dell’Antica Cales – 1980

Giuseppe Carcaiso- Calvi e l’Alta Campania, 1996