Antonio Ghirelli, nella sua Storia di Napoli, scrive: ” Dopo Masaniello, ed in senso del tutto diverso, Bozzuto è il secondo napoletano verace che la nostra storia individua”.
Pur appartenente alla borghesia colta, il medico napoletano aveva ben poco del professionista accademico. Era abituato a parlare con la gente del popolo in maniera spontanea e franca, si fermava in mezzo alla strada e discuteva con le donne, i vecchi, cercando di far loro capire, scherzando ma con arguzia, che la religione era qualcosa di molto diverso dalla superstizione. Giuseppe Bozzuto frequentava i quartieri popolari di Napoli, soprattutto il “ Mercato” e quando, nell’anno 1656, gli pervennero le prime voci di morti subitanee, al popolo, che chiedeva spiegazioni ed aiuto, disse in maniera diretta e determinata di non lasciarsi turbare da alcuna superstizione e che non era affatto vero che fosse in atto una punizione divina collegata alla rivoluzione di Masaniello. Informatosi bene, colloquiando con il popolo del Lavinaio, Giuseppe Bozzuto intuì presto che si trattava della peste, collegandola all’arrivo delle navi dalla Sardegna e alla registrazione di un misterioso decesso avvenuto all’Annunziata, quello di un pover’uomo di nome Masone, appena tornato dall’isola. Dopo Masone, era deceduto un infermiere, Carlo De Fazio, che lo aveva assistito e, dopo di lui, sua madre. La quarta vittima della peste era il padrone di casa del De Fazio, uomo avido che aveva preso i materassi del povero De Fazio, contagiando se stesso e successivamente tutta la famiglia. La diagnosi di Giuseppe Bozzuto non poteva non giungere al viceré spagnolo di Napoli don Garcìa de Havellaneda y Haro. La sera stessa il buon dottore Bozzuto fu prelevato dalla sua abitazione e condotto nel carcere della Vicaria. Come scrive al riguardo Camillo Albanese “il viceré e il suo spione Donato Grimaldi credettero di eliminare il male togliendo dalla circolazione colui che l’aveva diagnosticato”. Solo dopo diversi giorni e tantissimi decessi che stava procurando a Napoli la peste del 1656, il viceré acconsentì a che si parlasse di un “ morbo corrente”. Infatti l’infezione si era diffusa per tutta Napoli, mietendo vittime specialmente nei quartieri più popolosi e dove le condizioni igieniche erano più precarie: Il Porto, il Lavinaio, la Vicaria, il Mercato furono pressoché spopolati. Intanto Giuseppe Bozzuto era rinchiuso nelle carceri della Vicaria, che lasciò solo quando la situazione erano divenuta drammatica e dopo aver contratto egli stesso la peste. Al buon medico napoletano Giuseppe Bozzuto fu, pertanto, unicamente consentito di morire nella propria abitazione.