La Grotta dei Santi di Pignataro, il “locum sanguinarii”

A Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, alla destra del Rio dei Lanzi, è situata ciò che resta della cosiddetta Grotta dei Santi, una struttura di epoca preromana profonda circa venti metri. Lungo le pareti si potevano osservare numerosi affreschi votivi risalenti al X e XI secolo raffiguranti diversi Santi come Clemente, Giovanni Battista, Barbara, Simone, Massimo, Pietro, Stefano e Lucia. Tanti studiosi nazionali ed europei hanno dedicato capitoli dei loro lavori di ricerca su tali grotte affrescate, situate nel territorio dell’Antica Cales, segnatamente quella delle Formelle (o Fornelle) e dei Santi. Sono state avanzate una serie di ipotesi concernenti la funzione primitiva di queste formazioni tufacee trasformate in mirabili architetture ravvivate da affreschi rupestri.
Secondo lo studioso Emile Bertaux, la grotta, situata nel territorio di Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, alla destra del Rio dei Lanzi è stata in passato un insediamento monastico benedettino di religiosi provenienti da Cassino.

Secondo Amedeo Maiuri la Grotta sorse invece per gli insediamenti realizzati da eremiti.
La studiosa Wettestein, oltre a condividere la tesi di Emile Bertaux, ha ritenuto possibile anche l’insediamento di monaci provenienti dall’Oriente. Nel 1967 lo studioso Kalby ha dedicato al sito una ricerca storica dal titolo “Le grotte dei Santi e delle Formelle a Calvi”, ritenendo giusta l’origine eremitica.

«Tra le ipotesi formulate occorre innanzitutto rifiutare quella che vede qui delle catacombe o che riporta l’origine a riti pagani nella zona, per accettare invece la più verosimile e normale spiegazione delle cavità naturale adattate in un primo momento da monaci eremiti e poi fatte affrescate dai fedeli». Con le suddette affermazioni, lo studioso medievalista italiano Nicola Cilento ha nuovamente rilanciato la citata tesi del Bertaux.

Dagli studi sopracitati si deduce facilmente quanto notevole sia stato nel corso degli anni l’interesse della comunità scientifica europea per la grotta affrescata del territorio dell’Antica Cales.
Le diverse ipotesi sono state analizzate recentemente anche dallo studioso di Sparanise Giuseppe Carcaiso, che ha ritenuto più verosimile l’ipotesi secondo le quale la grotta fu scavata e affrescata dai monaci benedettini che rifuggivano da coloro che avevano scelto di stabilirsi più comodamente nelle basiliche anziché vivere secondo l’esempio di San Benedetto.
Un contributo ulteriore allo studio della Grotta dei Santi è stato offerto anche da Don Salvatore Palumbo, in relazione al significato di “locum sanguinarii” con cui era definita la Grotta in alcuni documenti antichi.

L’appellativo non poteva non infervorare fantasie intorno a spargimenti di sangue causate dalle persecuzioni dei primi cristiani. Don Salvatore Palumbo è giunto, invece, alla conclusione che il riferimento sanguinarii dato alla Grotta dei Santi, è da interpretare in relazione ad un arbusto propriamente chiamato sanguine che, comunissimo nel Mezzogiorno, localmente si conserva in qualche villaggio nel territorio di Teano. Si tratterebbe, dunque, di toponimo floreale con suffisso in are, forma attestata localmente fin dal secolo X con ordicara, rabemeldara, fenoculare.


Bigliografia:
Giuseppe Carcaiso, Calvi e l’Alta Campania fra Tardo Impero e Medio Evo, 1996
Salvatore Palumbo, La parlata dell’agro caleno-sidicino. Fonesi e metafonesi del medio versante destro del Volturno, a cura di Antonio Martone, Capua, 1997