L’omaggio al canonico Giovanni Penna nell’ “Ottocento pignatarese” di Giuseppe Civile

Fu Giuseppe Civile, docente del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli ad occuparsi della storia dell’Ottocento della comunità di Pignataro. Il libro di Giuseppe Civile reca il titolo “ Il Comune Rustico”, ed è una storia sociale dell’allora casale di Pignataro, con ricerche condotte soprattutto presso l’Archivio di Stato di Caserta e l’Archivio Notarile Distrettuale di Santa Maria Capua Vetere. Il libro fu pubblicato nel 1990 dalla Società Editrice “Il Mulino” di Bologna. Nella prima parte della storia dell’Ottocento, Giuseppe Civile cita il canonico Giovanni Penna, “ un pignatarese tornato in paese agli inizi del secolo dopo vent’anni passati in gran parte come segretario di Giuseppe Capece Zurlo a Napoli. Giuseppe Civile ricorda che il canonico Penna scrisse un interessantissimo volume non solo su Pignataro, ma anche sul suo circondario, che ebbe una valenza importante in relazione ad una prima conoscenza storica della composizione della società pignatarese nel Primo Ottocento. La società del primo Ottocento si mostrava tripartita, con alla base sociale i più numerosi “bracciali”( braccianti), nella posizione intermedia i “vaticali”, ossia coloro che si dedicavano al commercio, trasportando soprattutto derrate alimentari su un carro o un dorso di mulo per i mercati vicini fino a Napoli, e al vertice i “possidenti”. L’autore integra il lavoro del canonico Penna, ricorrendo alle fonti d’archivio, per cui si possono contare nell’anno 1815 a Pignataro 2544 abitanti e, in relazione alla sola popolazione maschile, circa 340 braccianti, 75 artigiani, 60 cosiddetti “vaticali”, 50 religiosi, 20 negozianti e bottegai e 60 tra benestanti e possidenti. E’ da rimarcare che Giuseppe Civile riconosce al canonico Penna la sensibilità verso la condizione dei “bracciali”(braccianti), i quali erano lontani dal paese per lunghi periodi di tempo e vivevano in ripari d’occasione”. Il Penna- scrive testualmente Giuseppe Civile- ne traccia un “cursus honorum: al lavoro sotto padrone dagli otto-dieci anni, essi crescono nell’”assiduo travaglio” dei campi, mal vestiti e peggio alimentati, vivendo lontani dal paese per lunghi periodi di tempi e in ripari d’occasione. Sposati, si accasano “ in affumicato sudicio casolare preso in fitto”, dove “ non si adagiano in braccio al sonno che lassi di fatica” per i diversi lavori da cui ricavano “quel poco che si guadagnano”. Quindi- rileva Giuseppe Civile- “presentati così, i bracciali di Penna sembrano costituire un mondo a parte all’interno della comunità. Infatti, essendo assenti dal villaggio per lunghi periodi di tempo, sono esseri rozzissimi, senza alcuna educazione”. La loro segregazione dalla vita sociale è tale che “ avviene loro ciò che accade a coloro che trattano gli animali, prendono qualche cosa dello spirito e delle abitudini vicendevolmente”. Pur trattandosi di immagini comuni ad una vastissima letteratura sui contadini, il lavoro storico del canonico Penna risulta tanto più significativo in quanto scritto dall’interno di un villaggio, qual era quello di Pignataro nei primi anni dell’Ottocento. Tale osservazione diretta ha anche un suo peso- rileva ancora Giuseppe Civile- nella scelta del Penna di non fare praticamente alcuna distinzione tra i contadini senza terra e quelli poveri. Tutti sono accomunati quali “ bracciali” in quanto la forza delle braccia costituisce l’unica risorsa autonoma di sopravvivenza. La sensibilità e l’empatia del Canonico Penna per le condizioni dei braccianti va ricercata nella personalità del canonico, la cui permanenza a Napoli accanto all’Arcivescovo Giuseppe Maria Capece Zurlo, di cui aveva ricoperto anche il ruolo di segretario, aveva ampliato la sua cultura, facendogli conoscere la scuola economica napoletana che faceva riferimento all’abate Antonio Genovesi.
Pertanto, si comprende perché il canonico Giovanni Penna, nel riportare le dure condizioni della vita braccianti, guardasse in anticipo alla questione sociale, veicolando il messaggio di un necessario miglioramento di un ordine sociale ingiusto.

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