Francesco De Sanctis e la valenza morale di alcuni scritti politici

I migliori articoli di Francesco De Sanctis, concernenti il fondamento morale della politica, furono scritti su ” Il diritto”. Al riguardo dei partiti, proprio su tale rivista lo scrittore, critico letterario e politico irpino ebbe a scrivere testualmente:” I partiti sono le grandi forze di cui si serve la storia per raggiungere la sua meta[…] Comprendo nell’orbita costituzionale partito conservatore col suo centro moderato e partito democratico col suo centro progressista, ma non concepisco partiti personali. Questi non sono partiti, sono malattie sociali”.

De Sanctis non poteva scindere la questione politica dall’educazione e dall’istruzione, ma, essendo un politico, tenne a precisare con forza che la politica doveva avere sempre un fondamento morale, etico, ponendo l’accento sul totale e complesso disinteresse personale di tutti coloro che accettavano di partecipare alla vita pubblica.

In tal senso De Sanctis scrisse tantissimo, partendo dal monito di Massimo D’Azeglio, che, fatta l’Italia, si doveva fare gli Italiani tramite l’istruzione, l’educazione e l’interiorizzazione della valenza etica e morale della politica.

Quando scrisse “ Io ho creduto e credo che l’onestà sia la prima qualità e la maggior forza di un uomo politico”, erano i giorni in cui la Sinistra con Agostino Depretis sostituiva, nel 1876, il lungo governo postunitario della Destra, che era caduto il 18 marzo di quell’anno. Il De Sanctis aveva sempre sognato una Sinistra saggia, leale, coerente, onesta.

Appena si accorse che nulla mutava, se non gli uomini, oltre al trasformismo dilagante, i compromessi e la corruzione a cui non si riusciva porre freno, i suoi articoli su ” Il Diritto” divennero sempre più forti e nel contempo famosi.

Gli articoli frequenti e duri di Francesco De Sanctis, scritti dal giugno 1877 al febbraio 1878, scossero la politica italiana a tal punto che il patriota, filosofo e politico Angelo Camillo De Meis appuntò: ” Quelle eloquenti e terribili lettere scossero l’Italia dall’Alpi all’ultimo lido siciliano, e dettero una nuova e vera importanza politica al loro autore”.

L’articolo che più scosse i politici italiani recava il titolo di “ L’educazione politica”, con il quale Francesco De Sanctis sottolineava che “ il Parlamento rimane estraneo al paese, e, il paese, galvanizzato a quando dal rumore dei giornali e dal chiasso di certe questioni si riaddormenta, e in mezzo all’ozio fermenta la corruttela”. De Sanctis la definisce “ atonia politica” in un contesto di “ mezza cultura, peggiore dell’ignoranza”.

“Spesso- prosegue De Sanctis- vediamo un uomo mutare le sue idee e dire l’opposto da un dì all’altro, e non se ne vergogna lui e nessuno se ne vergogna per lui. La fiacchezza di carattere, la codardia morale, la sfrontata menzogna, la dissimulazione dei propri fini costituiscono un’atmosfera equivoca, nella quale si putrefà questa mezza cultura. Partiti politici non possono esistere dove si tiene in saccoccia due o tre bandiere, pronti a mostrare questa o quella secondo il bisogno”

Nel successivo articolo del settembre 1877, dal titolo ” Le istituzioni parlamentari”, lo scrittore, critico letterario e politico irpino rimarcava quanto la bandiera della moralità, caduta nel fango, potesse contagiare, come un morbo, anche i buoni. ” E il fango spruzzerà il viso anche ai buoni”- rimarca letteralmente De Sanctis.

Come è facile immaginare, Francesco De Sanctis, pur consapevole dell’autorevolezza morale che rappresentavano per tutto il popolo italiano le sue idee , dovette incassare il non gradimento dell’allora ministro dell’Interno Giovanni Nicotera. La campagna morale e gli scritti etico-politici di De Sanctis del 1877 provocarono l’abbandono della maggioranza da parte di Benedetto Cairoli e in seguito, nel dicembre 1877 una crisi ministeriale, con Depretis che chiamò all’Interno Francesco Crispi in sostituzione dello stesso Giovanni Nicotera.

Notevole, per quei tempi, si può definire anche l’afflato sociale che animava gli scritti politici del De Sanctis. Tale questione fu affrontata con più rilevanza in ” La democrazia in Italia” del 20 ottobre 1877, il cui contenuto era proprio la necessità di ” provvedere al miglioramento delle classi più bisognose e meno istruite.”