I democratici radicali e le rivendicazioni contadine nel Sud preunitario

BENEDETTO MUSOLINO

Già prima del 1848, come anche negli anni successivi, nel Sud preunitario i contadini, intuendo i tempi nuovi, si erano messi in moto con l’obiettivo di “ rivendicare” il possesso delle terre demaniali di uso civico, come anche di altri beni.

Vi furono, pertanto, tali “ revindiche” di beni riguardanti terre, foreste e miniere da parte dei contadini, guidati dai democratici e repubblicani. In particolare, i democratici radicali compresero che nel 1848, anno della Primavera dei Popoli, poteva essere il momento giusto di dare una chiara impronta sociale alla rivoluzione in atto, non limitandosi solo alla rivendicazioni delle libertà costituzionali. In effetti, si era sviluppata una rete di cospirazione forte in alcune province del Regno, dove uomini di tendenza radicale e democratica, di estrazione borghese e professionista, avevano saputo coinvolgere anche settori delle masse contadine delle periferie.

In Calabria il patriota democratico Benedetto Musolino era, dagli anni di fondazione dei “ Figliuoli della Giovine Italia”, il protagonista di una stagione di lotte, riuscendo a instaurare un forte legame tra i democratici repubblicani e le masse contadine. La società carbonara dei Figliuoli della Giovine Italia non aveva alcun rapporto con la Giovine Italia mazziniana, ed era per lo più formata da meridionali che avevano dato ad essa, in termini sociali, un’impronta decisamente di carattere più avanzato e propriamente radicale.

Nel marzo del 1848 e nei mesi successivi, dopo la concessione della costituzione da parte del re, le occupazioni popolari di terre interessarono le aree rurali di diverse province del Regno.

Tali rivendicazioni ed occupazioni portavano, tuttavia, in alcuni casi a forme di scontro e di violenza . Ciò è messo in rilievo sia dallo scrittore borbonico Giacinto De Sivo, allora funzionario dell’Intendenza a Caserta, come anche da don Vincenzo Padula, democratico radicale, allora parroco ad Acri in Calabria Citra. Conseguentemente si verificò gradualmente una divisione, più o meno marcata, fra i liberali moderati e i gruppi democratici radicali, con quest’ultimi accusati di fomentare l’occupazione non solo delle terre demaniali.

E’ da evidenziare che nelle province calabresi, fin già dagli anni venti dell’Ottocento, si era sviluppato un movimento popolare per le rivendicazioni dei beni comuni da parte dei contadini, supportati dagli esponenti del movimento repubblicano radicale i quali facevano riferimento soprattutto a Domenico Mauro, il quale, al fine di promuovere l’insurrezione del 1844 nella Calabria Citra, si era rivolto al popolo tramite un discorso repubblicano di forte impronta sociale, ispirato anche alla giustizia evangelica.

Oltre ai calabresi Domenico Mauro e Benedetto Musolino, vi furono altri patrioti di orientamento democratico, tra cui il napoletano Giuseppe Ricciardi, il lucano Ferdinando Petruccelli e il cilentano Costabile Carducci. Essi erano interessati al coinvolgimento delle masse contadine, e pertanto sostenevano rivendicazioni di carattere più prettamente sociale, associate alla forma costituzionale di democrazia repubblicana.

Fu soprattutto nelle province delle Calabrie che tali forme di lotta di movimenti contadine per la rivendicazioni delle aree rurali, dei beni comuni e demaniali, iniziate già negli anni 1820-30, assunsero nell’anno della Primavera dei Popoli decisamente maggior rilevanza.

Quindi, dagli anni ’20 dell’Ottocento si sviluppò nelle province calabresi un forte movimento popolare non ideologico per la “revindica” dei beni comuni. Le popolazioni agirono dapprima con suppliche al re e agli enti locali, poi attraverso occupazioni di massa dei beni comuni, collettive, organizzate, strutturate con capi. Domenico Mauro e gli altri radicali iniziarono a coinvolgere le popolazioni locali nei progetti insurrezionali contro la monarchia, ricercando un’alleanza rivoluzionaria con il movimento popolare di “revindica” dei beni comuni. Nel corso degli anni ’40 i radicali in vario modo supportarono le popolazioni con l’azione amministrativa degli enti locali per le verifiche delle usurpazioni, con le stesse “revindiche” e quotizzazioni demaniali. Domenico Mauro e gli altri capi locali calabresi dal 1844 al 1847 svilupparono, pertanto, una comunicazione politica che teneva, quindi, conto delle rivendicazioni sociali dei movimenti popolari.

Fu soprattutto nella rivoluzione del 1848 che anche nella capitale del Regno emerse con determinazione il ruolo di tali patrioti radicali, i quali si proposero di attuare uno stretto legame tra sovranità popolare e rivendicazione dei beni comuni. A Napoli i principali esponenti del Comitato delle Tre Calabrie costituirono il centro dell’azione politica che avrebbe avuto un ruolo importante nelle “barricate” del 15 maggio 1848. Pertanto, la generazione romantica calabrese con le sue caratteristiche di formazione, di esperienze intellettuali, culturali e politiche, si configurò come un gruppo politico coeso, organizzato e fortemente orientato in senso radicale. Fino al 1848 e, per alcuni di loro anche negli anni successivi, i radicali calabresi si distinsero come una delle componenti più avanzate del movimento rivoluzionario italiano.