La Verità e Cristo. Simone Weil contro Dostoevskij?

Nella sua recente pubblicazione ” La mente innamorata”, lo scrittore e teologo Vito Mancuso analizza criticamente quello che fu il durissimo giudizio di Simone Weil nei riguardi di Dostoevskij a proposito dell’affermazione dello scrittore russo riguardo a Cristo e la Verità. Nell’anno 1942 Simone Weil aveva asserito che Dostoevskij aveva scritto ” la più atroce bestemmia” riguardo ad un passo di una lettera in cui dichiarava di amare a tal punto Cristo, preferendolo alla Verità anche se qualcuno gli avesse dimostrato che Cristo era fuori dalla Verità. Dostoevskij aveva indirizzato tale lettera nell’anno 1854 a Natalia Dmitrievna Fonvina, scrivendo testualmente : ” Io ho concepito un simbolo di fede, un Credo, in cui tutto per me è chiaro e santo. Questo Credo è molto semplice e suona così: credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, più simpatico, più ragionevole, più virile e perfetto di Cristo; anzi non soltanto non c’è, ma addirittura, con amore geloso, mi dico che non ci può essere. Non solo, ma arrivo a dire che se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori della verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità”.

Tolstoj la pensava diversamente, dichiarando, pur ribadendo la sua fede in Gesù e nella forte valenza del suo messaggio evangelico di riscatto sociale, di amare comunque la verità sopra altra cosa. Allora come è da interpretare il senso del Credo di Dostoevskij, che provocò la dura reazione di Simone Weil a distanza di tanti anni? Se Simone Weil intravedeva nella frase di Dostoevskij un concetto alquanto dogmatico di Verità, è pur vero, come rileva Vito Mancuso, che a parlare in Dostoevskij era ovviamente una mente innamorata che voleva esprimere ed esplicitare in termini forti, seppur discutibili, il proprio Amore. Quindi se la Weil era giustamente impegnata in una volontà di emancipare la spiritualità dalla dogmatica, Dostoevskij iniziava il percorso spirituale, di cui saranno impregnati i suoi romanzi maggiori, quale “azione etica compiuta in quanto produttrice di bene e di giustizia”, ossia di quell’agire etico che conduce a cercare sempre il bene e la giustizia, e che lui identificava con il messaggio di Cristo.