Il sacrificio del patriota e letterato Luigi La Vista

Alla fine del 1847, i giovani studenti erano considerati dalla polizia borbonica di Napoli i più pericolosi e tra i più sospettati, insieme alla classe media per i loro ideali costituzionali, liberali o democratici. Uno dei simboli di tale momento storico, in cui si combatteva a Napoli per la libertà, la costituzione e l’indipendenza è senz’altro il giovane patriota e letterato Luigi La Vista, discepolo prediletto di Francesco De Sanctis. Luigi La Vista nacque a Venosa in provincia di Potenza nel 1826, dal medico Nicola e da Maria Padrone, una famiglia di ideali repubblicani e patriottici. Un suo avo aveva partecipato alla Repubblica Napoletana del 1799, mentre suo padre aveva partecipato ai moti carbonari del 1820. Rimasto orfano di madre all’età di 5 anni, frequentò il seminario di Molfetta e nel 1844 si trasferì a Napoli, iscrivendosi alla facoltà di giurisprudenza che abbandonò dopo un anno.
Lasciati gli studi universitari, La Vista iniziò a frequentare la scuola di diritto di Roberto Savarese, ma la sua passione erano gli studi letterari, storici e filosofici, per cui prese lezioni da Francesco De Sanctis, divenendone uno degli allievi prediletti. Tra i suoi compagni di corso vi erano Pasquale Villari, Angelo Camillo De Meis e Diomede Marvasi. Ed è Pasquale Villari che ci lascia di Luigi La Vista un ritratto di un giovane tipicamente romantico : Tra noi sorgeva, ammirato da tutti, da nessuno invidiato, Luigi La Vista. Quando egli leggeva o parlava, i compagni lo ascoltavano quasi con devozione; un profondo silenzio si faceva nella scuola, ed il maestro, immobile sulla cattedra, lo guardava con compiacenza che non sapeva nascondere[…] “ A vedere quel giovanotto di venti anni, che già aveva l’aspetto di un uomo maturo, pallido e scarno[…] le cui “ parole, idee, immagini si seguivano con portentosa fecondità, scambiandoci dei rapidi sguardi di compiacenza, non potevamo noi, scambiandoci dei rapidi sguardi di compiacenza, che erano nel contempo plauso ed espressioni di gioia”. In particolare Camillo De Meis, che sarebbe diventato un celebre scienziato, fu uno degli ammiratori più entusiasti di Luigi La Vista. Tale alone romantico, di cui era pregna la sua figura, oltre alla bellezza estetica, era la sua bellezza interiore tanto che gli amici gli ripetevano spesso di “ avere l’ingegno nel cuore”.
Uno delle frasi che era solito rivelare ai suoi amici, che gli rimproveravano le giornate intere, che trascorreva, intento ai suoi amati studi, era la seguente, con riferimento alla ricerca: “Se mi volesse regalare la verità, avrei l’animo di rifiutarla; ella non avrebbe il piacere terribile di averla cercata.
De Sanctis gli aprì un vasto orizzonte di studi e ci testimonia che Luigi La Vista, appassionandosi ad autori come Dante, Petrarca, Boccaccio, Poliziano, Leopardi Manzoni, Platone, Goethe, Lamartine, Byron e Vauvenargues, mostrava “ quell’aria sentimentale alla Byron e alla Leopardi, che lo faceva essere considerato l’idolo della Scuola. In effetti tali giovani, nella scuola del De Sanctis, erano abituati a confrontarsi con le idee e gli ideali dei grandi e delle loro concezioni politiche. Fu nel gennaio 1848, che Luigi La Vista firmò, assieme ad altri 208 patrioti, un appello a Ferdinando II perché ripristinasse la costituzione del 1820. Il re, come è noto, fu costretto a concederla, spinto anche dalla rivolta avvenuta in Sicilia nello stesso anno, ed estesosi nel Regno.
Ci furono esitazioni del re sulla forma di giuramento, richiesti dai deputati eletti, pronti a giurare il 15 maggio 1848 fu scatenando le proteste dei liberali e soprattutto dei democratici. Tra loro ci fu anche La Vista, il quale decise di scendere in campo con il suo maestro De Sanctis ed altri patrioti , ma la loro ribellione fu repressa, nonostante la strenua lotta in Piazza Carità in quel 15 maggio del 1848. D’altronde erano conosciute le sue idee, e già dall’agosto 1847, si decise all’azione, dopo aver scritto tale frase, che faceva riferimento alla gloriosa tradizione familiare, di cui si mostrava fiero: “ Mio avo fu uomo del 1799; mio padre fu uomo del 1820; io lavoro e scrivo e penso per essere uomo del primo movimento della libertà d’Italia. Luigi La Vista, quindi, era stato tra i più entusiasti, quando il 12 gennaio 1848, dopo la notizia della rivoluzione di Palermo, aveva proferito la famosa frase che avrebbe infiammato i cuori: La nostra scuola è per avventura un’accademia? Siamo noi un’Arcadia? No, la scuola è vita”.
Iniziò, quindi, anche per Luigi La Vista il momento di abbracciare lotta politica appassionata per la libertà. Luigi La Vista fu raggiunto dal padre a Napoli, dopo il cui arrivo indossò l’uniforme della Guardia Nazionale costituzionale. Nel contempo si dedicava ad una serie di biografie dei martiri politici italiani, ad iniziare da quelli repubblicani del 1799.


L’amico e compagno di studi Pasquale Villari ci testimonia che Luigi La Vista trovò la morte, nel momento in cui si apprestava a raggiungere, quel 15 maggio 1848, le barricate di Piazza Carità.
[…]In questo punto si spalanca l’uscio della sua stanza, ed egli si vide innanzi il padre, con un fucile in mano, col volto alterato sugli occhi infiammati- “Luigi- così disse- non è più tempo di stare a letto; vi sono barricate a Napoli, fra poco comincerà il fuoco”. In un istante Luigi aveva già vestito l’uniforme della Guardia Nazionale. La indossava per la prima volta, e doveva essere l’ultima.[…] Luigi La Vista trovavasi, quindi, col padre a difendere una casa nel largo della Carità. Ivi, come altrove, cessato il fuoco per mancanza di munizioni, fu sfondato il portone. Gli svizzeri erano già per le scale inferociti. Niuno osava aprire la porta di casa, temendo di essere sgozzato il primo. Luigi[…] credette che la sua uniforme sarebbe stata rispettata; aprì la porta e si presentò sulla scala, gridando : “Prigioniero di guerra[…]” E non poté finire perché una scarica degli svizzeri gli fece battere la fronte sul pavimento”. In effetti Luigi La Vista, dopo aver combattuto in piazza Carità, si era dovuto allontanare dalla barricata perché era stata occupata dai mercenari svizzeri al servizio dei Borbone insieme al padre. Essi si erano rinchiusi, insieme con altri, nell’Albergo dell’Allegria, iniziando a far fuoco da un balcone. Dopo alcuni momenti di ulteriore combattimento, un colpo di cannone aveva sfondato il portone dell’Albergo. I mercenari ne approfittarono per raggiungere in quel momento i patrioti, tra cui Luigi La Vista, il quale, dopo essere stato ghermito, fu fucilato alla presenza del padre.
Nel pur breve tempo della sua vita, il giovane Luigi La Vista aveva prodotto diversi scritti che, a causa dei continui tumulti nel regno borbonico e dell’esilio di numerosi patrioti, riuscirono a vedere la luce solo dopo l’unità d’Italia. Tali appunti vennero pubblicati nel 1863, sotto il nome di “Memorie e Scritti”, a cura dello stesso Pasquale Villari. Nel 1987 fu pubblicato il suo Diario, ad opera dello scrittore venosino Antonio Vaccaro. Ci piace riportare, dai suoi vari scritti patriottici e letterari, parte della prefazione alle poesie del Berchet, che fanno riferimento alle lotta di liberazione del 1820 e del 1848. La Vista scrive: “ Senza dubbio il 1848 è diverso dal 1820; l’Italia liberale non è più una setta, ma una Nazione; la libertà d’Italia non è una speranza, ma un fatto. Nondimeno questi canti del 1820, composti nell’esilio, o appié dello Spielberg, bastano ancora a rivelare gli affetti e i pensieri del 1848 nella gioia sublime della libertà e nell’ardore operose delle riforme”.
Il 15 maggio 1883, una lapide in suo onore venne eretta nella città natia, con un’epigrafe dettata dal suo maestro Francesco De Sanctis.


Anche se il giovane Luigi La Vista scrisse che “ la tomba di un giovane è un altare”, l’Italia perdeva non solo un generosissimo patriota, ma anche un grande letterato, una promessa di critico, primo in Italia a cercare di equilibrare la critica estetica di De Sanctis con la critica storica, spianando la via ad un altro grande lucano: Francesco Torraco.

BIBLIOGRAFIA:
Carlo D’Addosio- Luigi la Vista – 40 anniversario – Napoli 1888

Di Chicco Antonio- Luigi La Vista- letterato e patriota- 1826- 1848- Laterza Giuseppe Editore- 2010

P. Villari, Memorie e scritti di Luigi La Vista, Firenze, 1863

Benedetto Croce , Ricerche e documenti desanctisiani, II, Uno scritto inedito di L. L., in Atti dell’Acc. Pontaniana, XLIV ,1914

B. Croce, Storia della storiografia italiana nel sec. XIX, Bari 1947

G. Paladino Brani inediti delle “Memorie” di L. L., in Rass. critica della letteratura italiana, XXIII , 1918

Mariano D’Ayala, Vite degl’italiani benemeriti della libertà e della patria, M. Cellini, Firenze, 1868

C. D’Addosio, In memoriam. XXXX anniversario. 15 maggio 1848 – 15 maggio 1888. L. L., Napoli 1888

F. De Sanctis, La giovinezza, a cura di G. Savarese, Torino 1972

G. Pansini, Un discepolo del De Sanctis, Firenze 1930

L. Settembrini, Ricordanze della mia vita, a cura di M. Themelly, Milano 1961