La prima piccola chiesa del Casale di Pignataro: la chiesetta di Grazzano

La Chiesa di S. Maria a Grazzano è ubicata a pochi km dal centro urbano di Pignataro Maggiore. Pare che non abbia mai avuto un ruolo tanto centrale nella vita cultuale del paese, dato che anticamente si trovava nel bel mezzo di una vasta campagna, mentre oggi, occultata dall’espansione cittadina, è sconosciuta ai più. Tuttavia essa conserva un bagaglio di ricerca storica mirata alla ricerca di comprenderne l’origine e la sua funzione nei secoli.
L’edificio sembra risalire all’XI secolo, ma non si hanno fonti storicamente attendibili al riguardo, in quanto solo tre secoli più tardi, quando vennero stilate nel 1327 le Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV (un registro delle decime che venivano riscosse dagli enti ecclesiastici), si hanno le prime notizie verificabili sull’esistenza del luogo di culto.
La sua struttura architettonica è molto semplice, a navata unica, terminante in un’abside cui si accede mediante un arco centrale: è qui che si trova un affresco raffigurante Maria tra due santi. Uno studio effettuato nella metà dello scorso secolo ha scoperto che l’affresco potrebbe essere stato sovrapposto a un altro più antico (forse raffigurante san Carlo Borromeo).
Dietro poi s’intravedono i resti di un’antica iscrizione, redatta in un latino medievale, che ricorda come un certo Bernardino Canzano avrebbe voluto la realizzazione dell’affresco mariano nel 1508, ad honore[m] [et] laude[m] beat. M. Virginis.
Alla base dell’abside troviamo due grandi pietre calcaree, ornate con motivi floreali, e si tratta sicuramente di materiale che ha un’origine diversa e ben più antica, ovvero spoglia di un sepolcro romano, non facilmente collocabile. Su di esse troviamo, ancora visibili seppur lacunosi, i resti di un’antica iscrizione in parte ricostruita (SEX[TUS] POM[PEUS] SIBI ET [SUIS] ET L[IBERTIS]).
Dagli studi è emerso che l’iscrizione potrebbe essere una dedica posta su quell’antico sepolcro; è stato infatti scoperto che la Chiesa si colloca non molto lontano da quell’asse stradale che un tempo costituiva uno dei principali decumani dell’Ager Calenus, risalente al IV secolo a.C., epoca in cui l’antica Cales fu conquistata dai Romani, e che quindi il suddetto Sesto Pompeo avesse dei possedimenti terrieri proprio in quel luogo.
All’interno, sulle pareti laterali, sono ancora visibili degli affreschi e delle iscrizioni ormai però non più ben identificabili, poiché corrosi dal tempo e dall’abbandono. Quel che si può ancora intuire è che forse raffigurassero dei santi.

Sono le Sante Visite che ci consentono di approfondire la conoscenza storica riguardo alla Chiesa di Grazzano, come anche luoghi di culto di cui si conosce poco. Infatti, come scrive Antonio Martone, nella ” Santa Visita” del 1583 della Chiesa di Grazzano non si fa menzione, dato che essa dipendeva in quel tempo da altra Diocesi. Invece, nel corso della cosiddetta ” platea” del 1588 sono indicate anche i beni e le rendite di tale chiesetta: ” Essa possiede sei pezzi di terra per un torale di 15 moggia, ubicati a Grazzano, alla ” Vigna”, allo ” Ceraso e alle ” Prese”, godendo, altresì, di alcune rendite nell’ordine di 20 denari o grane corrisposti in occasione della festa di Santa Maria alla metà di agosto”. Più dettagliate e complete sono le notizie dei secoli successivi in relazione alle Sante Visite, soprattutto quelle degli anni 1644-47.
Innanzitutto apprendiamo che nel 1644 la Chiesa “ ruina”, per cui il “Visitatore” ordina a Luigi Nacca, affittatore dei terreni della chiesa, di non pagare il beneficiato. Inoltre dalla visita del 16 maggio di tale anno il “Visitatore” rileva la mancanza della campana. Informato che la campana era in possesso degli eredi di Giovanni Paolo Glorioso di Capua, si ordinava al beneficiato di provvedere affinché la campana fosse restituita nell’arco di 15 giorni. Nella Santa Visita del 13 maggio 1646, l’altare maggiore fu trovato completamente spoglio, con la sola presenza del quadro di San Carlo, il cui culto era stato introdotto dal Vescovo Maranta, proprietario di due osterie sul ponte di Calvi. L’anno successivo, nello stesso giorno, si rilevava che non si era provveduto a provvedere degli arredi e degli ornamenti, con parte della chiesa che “ minacciava addirittura di ruinare”. Il “ Visitatore” ordinò al colono Giuseppe De Haurea di non versare al beneficiato più alcun denaro.
Sappiamo, inoltre, che vi si trovasse un fonte battesimale scolpito in marmo e un pulpito in muratura. La chiesa doveva avere un atrio rivolto ad occidente, e ciò giustificherebbe la presenza di un sito di sepoltura, dove vi erano stati deposti i corpi di quanti avevano trovato la morte, con ogni probabilità, nell’epidemia di peste del 1656. Queste informazioni le apprendiamo dalla descrizione più completa redatta in seguito alla visita pastorale del 1686.
In seguito al terremoto del 1980, la struttura subì diversi danni, per riparare i quali il sacerdote don Pierino Pettrone, parroco di Partignano, commissionò una serie di lavori. Il portico soprattutto non era più visibile, probabilmente crollato durante l’evento sismico. Quello attualmente presente rappresenta solo un maldestro tentativo di ricostruirne le fattezze originali.
Oggi l’ingresso è sormontato da un arco con una cornice raffigurante la Madonna col Bambino ed altre figure sacre oggi poco riconoscibili (forse apostoli).
Come già accennato in precedenza, rare sono le notizie riguardo a tale piccola prima Chiesa del Casale di Pignataro, Tuttavia, si conosce che nell’atrio della Chiesa si trovano parti di due colonne, di origine ignota, trasportate in quel luogo forse nel XVIII secolo. Su una di esse sono incise due lettere: V. P. e I.G., rispettivamente a sinistra e a destra di un albero che ricorda molto un pino, stemma civico di Pignataro.
Studi successivi hanno cercato di dare un volto, qualora si tratti di persone, alle due lettere, ma si tratta di ipotesi. V.P. potrebbe significare semplicemente Villa Pignatarii. A propostito di “I.G.” si potrebbe ipotizzare per la I. un nome (Iulius, Iustus, ecc.) o una carica pubblica (Iudex); mentre per la G potrebbe trattarsi di “Gastaldus”, funzione che nel Medioevo rivestiva chi indicava la custodia dei beni di una persona o un amministratore di beni demaniali. Ciò nonostante, si rendono necessari ulteriori approfondimenti, oltre a quelle fornite dal canonico Giovanni Penna nello ” Stato antico e moderno del circondario di Pignataro e suo miglioramento” e da Nicola Borrelli in “Memorie storiche di Pignataro” e dallo storico locale Antonio Martone.
Un altro dei misteri che circondano l’antica chiesetta riguarda il suo singolare toponimo: Grazzano (nelle Rationes si dice de Graczano), per spiegare il quale sono state avanzate diverse ipotesi. All’inizio si è pensato che potrebbe riferirsi a un cognome (forse il Bernardinus Canzanus che avrebbe voluto la realizzazione degli affreschi.
Una spiegazione più semplice imputerebbe il toponimo alla volgarizzazione del latino Gratiarum, perché proprio quella Chiesa sarebbe dedicata a S. Maria delle Grazie (in latino “Gratiarum”).