L’eredità ideologica della nuova Capua longobarda

Nonostante le numerose invasioni barbariche e la conquista longobarda, l’antica Capua era rimasta il centro più importante della Campania. I duchi beneventani ne avevano fatto la sede di un vasto “gastaldato”, ossia una circoscrizione amministrativa che comprendeva tutta la Campania settentrionale fino a Sora e buona parte dell’Alto Molise fino a Isernia, Boiano e Larino. In un noto lavoro del 1885 dedicato alla contea longobarda di Capua, Giacomo Stroffolini fissava l’epoca della fondazione della Contea tra il 620 e il 640, ed i primi  sei conti sarebbero stati, a suo avviso, Audaldo, Trasamondo, Mitola, Ildebrando, Livizzone e Paldone. Le ricerche più recenti hanno messo in discussione le tesi dello Stroffolini, in quanto, come scrive lo storico Nicola Cilento “fin dal VII secolo alcuni gastaldi di Capua erano detti Conti, ma la contea, come centro politico autonomo e costituito a sua volta di gastaldati, si sviluppò soltanto nella seconda metà del IX secolo”. Primo vero conte di Capua fu Landolfo I seniore, detto il  “Matico” a causa del suo viso schiacciato e le grandi mascelle. Fu conte per circa trent’anni, dal 815 al 843, durante i quali, per conservare la signoria, dovette respingere con forza e acume politico molti suoi avversari. Alla morte di Landolfo, nel 843, la contea fu divisa tra i suoi quattro figli: al primogenito Landone andò il titolo di conte e gastaldo di Capua, a Pandone toccò il gastaldato di Sora e a Landolfo quello di Teano.

Quando  Erchemperto, monaco benedettino, nella sua Historia Longorbardorum Beneventanorum, riporta che nell’anno 843, alla morte di Landolfo, nella divisione dei territori fra figli e nipoti,  Capua  era toccata  a Landone, l’espressione adoperata, riferita alla città di Capua,  deve essere intesa in senso più ampio, ossia afferente a tutto il  territorio rientrante nelle pertinenze del “Comitatus”, compresa l’antica Capua romana, considerando che la città sul Volturno non esisteva ancora e il vecchio Landolfo decedeva sulle collina della Palombara, nella sua roccaforte di Sicopoli, città eretta dai Longobardi nel 841 tra Triflisco e l’attuale Sant’Angelo in Formis, che sarebbe stata distrutta in seguito ad un incendio.

La volontà di Landone fu quella di affermare con determinazione una continuità ideologica fra l’illustre città dell’età romana e la nuova Capua affacciata sul fiume Volturno.
“Lando[…] mirifice perfecit hedificandum urbem” scrive Erchemperto. Infatti,  Landone dichiarava apertamente che la nuova città doveva essere rivestita di quei valori che da sempre avevano contraddistinto l’identità dell’antica civitas romana, evidenziando un legame affettivo che doveva permeare le coscienze dei nuovi abitanti della città longobarda. Secondo le osservazioni dell’archeologa Barbara Visentin “il senso della costruzione della nuova città a cui guardava Landone comprendeva il momento qualificante del fatto urbano e la civitas”. A tal riguardo l’archeologa Visentin ricorda la lettera in cui Sant’Agostino scriveva ” Non muros sed mentes ipsius civitatis”, ossia ” non le mura ma le menti degli uomini formano la civitas”.

“Il senso della citta” a cui guardava Landone era, quindi, un insediamento nel cuore della pianura sotto le rovine del porto fluviale di Casilinum, legate alla Capua romana dell’Appia, in cui vi fosse una chiara continuità di vita civile. In tal modo- scrive la Visentin – “Capua si trasformò da un semplice fatto fisico quasi in uno stato d’animo, in un fatto di coscienza”. Ne era prova l’ingresso orientale della città che accoglieva i viandanti con un’iscrizione celebrativa scolpita sull’architrave della porta: “Quae primum senio marcebat tempore longo, Cernitur, in amplis consurgere moenibus urbem! Illa senatorum pollebat fulta caterbis, Nomine sed Capua vocitatur et ista secunda. Providus in cunctis patriae populique iuvemen, Lando comes studio sollerti hanc condidit urbem. Aurea porta vocatur, fert quia lucis honorem. Arma, salus, virtus perpetua Christus in urbe hac maneat, populo tempus in omne suo; Pellat et hinc hostem saevum fraudemque malignum, Civibus et praestet pacis honore fruit”. («La prima marciva da lungo tempo in rovina, si riconosce chiaramente, eccola ergersi la città con ampie mura! Sostenuta da un gran numero di senatori. quella era molto potente. Anche questa seconda è chiamata con il nome di Capua. Valido sostegno in ogni questione della patria e del popolo, il conte Landone edificò questa città con industrioso zelo. La porta è chiamata aurea, perché conduce il bene della luce: la protezione, la salvezza, la virtù perpetua, Cristo si conservi così nella città, per il suo popolo per sempre; scacci da qui il nemico feroce e il peccato maligno, assicuri ai cittadini di godere del bene della pace».)

Pertanto la città di Landone prese il nome dell’urbs romana, secondo una chiara scelta ideologica che consentiva di restituire alla pianura campana quel nome e quella città che ne avevano caratterizzato l’identità e il cui ricordo era stata cancellato dalla devastazione saracena dell’841.

La fondazione della nuova città sul Volturno sarebbe stata nell’856 dal vescovo Landolfo suo fratello Landonulfo sul sito dell’antica Casilinum, il porto fluviale dell’antica Capua, presso il ponte romano della via Appia. Quanto, invece,  rimaneva in vita dell’antico insediamento della Capua romana compariva, intorno all’879, con il nome di Berelais, parola longobarda indicante i vecchi anfiteatri romani in quanto corrispondente alla zona dell’Anfiteatro Campano.

Bibliografia:

Giacomo Stroffolini, La contea di Capua, Bologna, 1885

Nicola Cilento, Le origini della signoria capuana nella Longobardia minore, Roma, 1966.

Barbara Visentin,  La nuova Capua longobarda, Bari, 2012